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1. Quadro teorico della ricerca

2.4 La migrazione a Berlino

2.4.1 Italiani a Berlino

Nel 1960 si trovavano a Berlino 1.600 italiani, nel 1985 si contano 7.556 italiani, nel 1990 gli italia-ni sono 8.549, nel 1995 raggiungono quota 11.034, nel 2000 il numero si attesta a 12.838, nel 2005

119 Tutti i dati statistici, se non diversamente specificati, sono tratti da Kapphan (2001).

120 Kapphan (2001: 101).

a 13.257,121 Nel 2011 sono 16.543,122 in generale una presenza che rappresenta intorno al 3%

dell'immigrazione italiana in Germania.

A Berlino, secondo Pichler (2006: 201-221), possiamo identificare diversi tipi di migranti italiani.

Inizialmente troviamo i pionieri, lavoratori probabilmente emigrati in Germania dopo l'accordo per il reclutamento della manodopera tra Germania e Italia, o soldati internati. Successivamente alla se-conda guerra mondiale si assiste al ricongiungimento con le famiglie, essi facevano riferimento alla Missione Cattolica Italiana. Sono i primi migranti italiani che hanno dato vita ad un'attività impren-ditoriale dopo la fine della seconda guerra mondiale. Coloro che operavano nella gastronomia dove-vano anche provvedere ad esportare i prodotti dall'Italia, oppure dovedove-vano ingegnarsi con gli ingre-dienti a loro disposizione. I loro locali erano un punto di incontro per gli altri immigrati italiani e, spesso, rappresentavano la prima occasione lavorativa per i nuovi arrivati.

Dagli anni Sessanta si assiste all'arrivo dei migranti per lavoro. Gastarbeiter che emigravano a Ber-lino grazie agli incentivi economici che il Senato berlinese aveva messo a disposizione. Si ritrova-vano nelle organizzazioni partitiche, in particolare del PCI e PSI, rispettivamente partito comunista italiano e partito socialista italiano, al Circolo Carlo Levi,123 Istituto Santi,124 Filef.125 A fine anni Sessanta e per tutti gli anni Settanta si assiste allo sviluppo del settore gastronomico italiano. Sem-pre più numerosi sono i ristoranti e le pizzerie. La gastronomia infatti offre un importante canale di sbocco agli immigrati che avevano perso il posto dopo la deindustrializzazione.

Agli inizi degli anni Settanta migrano i cosiddetti ribelli, appartenenti alla sinistra extraparlamenta-re, si inizia ad intravedere l'iniziativa femminista. Tale componente migratoria si sente attratta dall'i-dea di Berlino città studentesca, dal movimento degli occupanti abusivi e dal milieu degli autonomi tedeschi. Anche molti ribelli aprono i propri locali gastronomici, dando loro un'immagine politica.

Tuttavia essi non si fossilizzarono, anzi mutarono d'aspetto in base al mutare della loro clientela. Il locale da trattoria si trasformava in ristorante elitario nel momento in cui gli studenti di sinistra di-ventavano imprenditori, avvocati o ingegneri. Molti dei ribelli dotarono il loro locale di un pro-gramma culturale.

Gli anni Ottanta sono gli anni dei postmoderni, ovvero di giovani italiani non sempre dotati di con-notazioni politiche. Molti di loro arrivano a Berlino come studenti, per poi scegliere di stabilirsi.

121 I dati presentati sono tratti da Pichler (1992a: 14) e Pichler (2006: 207).

122 Statistisches Bundesamt.

123 Il circolo porta il nome di Carlo Levi (1902-1975), di origine ebraica, autore di “Cristo si è fermato a Eboli”, conosciuto per essere un convinto antifascista. L'originale “Circolo Carlo Levi” è stato fondato negli anni Settanta. Oggi a Berlino si può ancora incontrare un “Circolo Carlo Levi”, ma è stato fondato dal partito democratico (PD):

http://www.carlolevi-pdberlino.de/

124 L'Istituto Santi si occupa di emigrazione e immigrazione. Ha sedi in tutto il mondo. http://www.istitutosanti.org/

125 Filef (Federazione italiana lavoratori emigrati e famiglie) fondata da Carlo Levi.

Inizia con loro un'emigrazione 'sovraregionale', maggiormente sganciata dal concetto di 'famiglia'.126 Negli anni Novanta le molte attività lavorative aperte dai postmoderni offriranno lavoro ai giovani studenti italiani a Berlino per via degli scambi internazionali o perché iscritti direttamente nelle università tedesche. Le organizzazioni di riferimento per i postmoderni erano: Tubo Kurvo, Club Donne Italiane, Lavori in Corso. I locali creati dai postmoderni si riconducono ad enoteche e bar dove si vende non solo l'arte eno-gastronomica italiana, ma anche lo stile di vita italiano attraverso attività culturali che si rivolgono sia ai tedeschi sia ai connazionali.

La categoria dei mobili invece comprende i migranti trasferitisi dopo la caduta del muro e dotati di una certa mobilità professionale. Si distinguono i mobili inclusi, dirigenti, amministratori di filiali estere, impiegati ad ogni livello del terziario e i mobili esclusi, per lo più lavoratori nel campo della gastronomia, probabilmente il campo che fa da filo rosso attraverso la storia della migrazione italia-na in Germania e a Berlino. Tuttavia, raramente si dà vita ad uitalia-na gastronomia di alto livello. Spesso si tratta di lavoratori che non intrattengono rapporti con la società berlinese, essi non si rifanno ad alcuna organizzazione. Al contrario, i mobili inclusi, dunque figure professionali qualificate, si ri-trovano invece nei cosiddetti VIP Club come ad esempio: Incontri Berlinesi.127

Una delle caratteristiche più attrattive di Berlino risiede probabilmente nella sua capacità di offrire ai gruppi immigrati delle nicchie del mercato economico in cui rendersi indipendenti e svilupparsi.

Nel caso italiano la gastronomia ha fatto la parte del leone, tuttavia altri due settori, quali quello del-la moda e dell'edilizia hanno dato del-lavoro a molti italiani nel corso degli anni, impegnandoli in parti-colar modo nelle rifiniture e nei dettagli.

Ai sarti italiani non veniva riconosciuta la licenza scolastica conseguita in Italia e spesso molti di loro preferirono lavorare nelle industrie tessili invece di mettersi in proprio. Ma quando questo av-veniva potevano dedicarsi alle sole riparazioni (Änderungsschneiderei). Inoltre i sarti dovettero competere da un lato, con gli sviluppi dell'industria tessile, la quale metteva sul mercato vestiti competitivi rispetto a quelli su misura, dall'altro con l'arrivo di nuovi immigrati orientati al tessile, che potevano contare sulla manodopera a basso costo dei familiari.

I sarti italiani non riuscirono a competere con tali dinamiche, ma si reinventarono come commessi e gerenti di negozi in leasing grazie al successo del Made in Italy.

Gli immigrati impiegati nell'edilizia vedono invece due periodi di splendore: il post-ricostruzione e il periodo successivo alla caduta del muro. Negli anni di mezzo si assiste ad una crisi del settore, dove gli italiani però riuscirono a lavorare grazie alle nuove attività commerciali aperte dai conna-zionali, soprattutto nei ristoranti, dove i gestori volevano adottare uno stile italiano.

126 Cfr. Pichler (1993: 47).

127 http://www.incontriberlinesi.de/

Dopo la caduta del muro, tuttavia, la volontà di emigrare e rimanere a Berlino dipende da diversi fattori che si differenziano dalla sola ragione di avere un lavoro e migliori condizioni socio-econo-miche garantite, come accadeva invece per i Gastarbeiter emigrati in altre regioni tedesche. Sembra infatti che la capitale fosse attrattiva da un punto di vista di sociale, culturale e politico. Molti degli immigranti italo-berlinesi non hanno lasciato l'Italia solo per una ragione economica, bensì per scappare da un clima culturale oramai non più condiviso e difficilmente sopportabile. Ancor oggi, la decadenza politica e morale italiana, aggravata anche dall'odierna crisi economica, spinge molti al-l'emigrazione. L'appeal berlinese sembra così facilmente spiegato, se si pensa che altrimenti non avrebbe senso emigrare in una delle città più povere e prive di posti di lavoro della Germania tut-ta.128 Tuttavia, il motto “Poor but sexy” sembra troppo semplicistico per essere venduto come spie-gazione di un fenomeno così complesso come quello migratorio. Si pensa invece che Berlino, oltre ad essere percepita come una delle città più liberali e tolleranti di Germania, sia anche una delle più economiche e al contempo socialmente attenta ai propri cittadini, anche attraverso sostegni econo-mici, sia per coloro che vogliono investire in un'attività in proprio sia per coloro che si ritrovano ad affrontare momenti di difficoltà.

Oggi, a causa del continuo arrivo di italiani, la rete associazionistica comunitaria si è ampliata e si è fatta sempre più attenta alle esigenze dei nuovi arrivati. Si trovano offerte culturali e linguistiche ri-volte ad adulti, bambini, famiglie in lingua italiana, tedesca, in entrambe le lingue. Proprio nel 2013 i Com.It.Es (Comitati degli Italiani all'Estero) italiani in Germania hanno elaborato “Guida per i pri-mi passi in Germania. Guida per un primo orientamento”,129 presentato anche dal Com.It.es berline-se.

All'interno della guida si trovano le informazioni riguardanti diritti e doveri degli immigrati in Ger-mania, indicazioni per l'assicurazione medica, per il riconoscimento dei titoli di studio, indirizzi ge-nerali di scuole pubbliche e private per apprendere la lingua tedesca, per trovare lavoro e così via.

Nella presentazione di tale opuscolo, l'allora ambasciatore italiano Elio Menzione130 circoscrive la migrazione italiana in Germania come fenomeno iscritto nella nuova mobilità europea. Se da un lato è sicuramente così, dall'altro si teme che la nuova ondata migratoria sia dettata più dalla necessità che dalla volontà di crescere all'interno dell'Unione. È proprio la tensione tra necessità e volontà di crescere umanamente e non solo economicamente a spingere molti a lasciare l'Italia.

L'articolo “In fuga dal Sud verso la Germania, e non per cercare lavoro”131 lascia intravedere infatti che i giovani laureati italiani oggi lascino l'Italia, in questo particolare caso la Calabria, per sottrarsi

128 Cfr. Hunger e Thränhardt (2001: 112-115).

129 http://www.comites-berlin.de/informative-utili/ si può trovare la guida in versione scaricabile.pdf

130 Ambasciatore d’Italia a Berlino dal 2012 al 2014.

131 http://www.ilmitte.com/in-fuga-dal-sud-verso-la-germania/

al sistema clientelistico. Tra le ragioni pratiche dell'emigrazione, risaltano però l'alta disoccupazione giovanile e le sempre peggiori condizioni socio-economiche e politiche in cui versa l'Italia. La rete di sostegno sociale offerta da Berlino sembra essere infatti la ragione principale non solo dell'emigrazione, bensì della decisione di rimanere nella capitale tedesca. Spesso però, come vedremo, si riportano in Germania, nel presente caso a Berlino, usi e costumi italiani, non sempre solo positivi.132