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III A Il raggiungimento degli obiettivi di cura della malattia diabetica richiede la partecipazione

Im Dokument per la cura del diabete mellito 2018 (Seite 137-143)

I benefici dell’identificazione e della diagnosi precoce dei casi di diabete asintomatico non sono ancora chiaramente quantificati e possono variare in base ai contesti e alle

III A Il raggiungimento degli obiettivi di cura della malattia diabetica richiede la partecipazione

attiva, con il consenso informato, del paziente all’offerta di programmi di diagnosi e cura, re-alizzati sulla base di attività di dimostrata efficacia nell’ambito di percorsi assistenziali, in una rete integrata, pluridisciplinare e pluriprofessionale, organizzata e con l’adesione congiunta e responsabile del team diabetologico, del medico di medicina generale e più in generale della

medicina territoriale. III B

È auspicabile un’adeguata informatizzazione delle strutture direttamente coinvolte nell’assi-stenza al paziente con diabete con modalità di archiviazione dei dati essenziali comune per formato e tracciato al fine di consentire una maggior condivisione dei dati e la formulazione e

l’utilizzo di indicatori clinici. VI B

Le persone affette da diabete devono essere periodicamente sottoposte a visita presso i centri diabetologici allo scopo di ridurre il rischio di mortalità per tutte le cause. III A Deve essere consultato un team o uno specialista diabetologo nel caso di diabete di nuova diagnosi, diabete insulino-trattato, cattivo controllo glicemico, gravidanza in donna con dia-bete noto o diadia-bete gestazionale, presenza di complicanze acute o di complicanze croniche in

evoluzione. III B

Grandi studi condotti negli ultimi decenni hanno dimostrato come il “buon controllo” metaboli-co possa ridurre in maniera sostanziale il numero delle metaboli-complicanze, incidere sui metaboli-costi della malattia e migliorare la qualità della vita della persona con diabete. Sono d’altra parte ben documentate le difficoltà da parte dei medici a seguire linee-guida organizzative o diagnostico-terapeutiche (Caba-na MD 1999; Mosca L 2005) e la bassa frequenza con la quale i pazienti seguono percorsi di cura predefiniti testimonianza di una non appropriata e uniforme organizzazione della assistenza per il diabete. Il problema è acuito dalla sempre maggiore limitatezza delle risorse economiche.

Per superare queste difficoltà è indispensabile avere condizioni organizzative adeguate e favo-rire nuove modalità di gestione della cronicità. Da questa esigenza nascono i modelli di riorganiz-zazione che nella letteratura internazionale prendono il nome di “care management programs”

ma che sono anche indicati come “disease management”, “population management”, “chronic care model”, con minime differenze tra loro (Progetto IGEA). Nel contesto italiano l’applicazione di questi modelli è rappresentato dalla “Gestione integrata della malattia”. L’assistenza integrata alle persone con diabete prevede l’apporto di un ampio numero di figure assistenziali e, a questo scopo, è strategico il lavoro interdisciplinare in team. La componente più importante del team è la persona con diabete, che dovrebbe assumere un atteggiamento responsabile nei riguardi della propria malattia.

Gli elementi essenziali dell’assistenza per le persone con diabete secondo un modello di gestio-ne integrata sono:

• Adozione di un protocollo diagnostico-terapeutico condiviso da tutti i soggetti interessati, ri-cavato dalle linee-guida internazionali e/o nazionali e integrato dalla conoscenza delle risorse utilizzabili.

• Formazione degli operatori sulla malattia diabetica e le sue complicanze secondo un approccio multidisciplinare integrato.

• Identificazione delle persone con diabete da avviare a un percorso di gestione integrata.

• Adesione informata alla gestione integrata.

• Coinvolgimento attivo del paziente nel percorso di cura.

• La presenza di un sistema informativo idoneo valutato attraverso indicatori clinici di processo, di esito intermedio e di esito finale (Progetto IGEA).

Il ruolo di programmi di disease management e di case management nella cura delle persone con diabete mellito è stato oggetto di revisioni sistematiche, e i risultati dimostrano come una gestione integrata possa avere effetti positivi su alcuni aspetti della qualità dell’assistenza sanitaria (Pimouguet C 2011; Knight K 2005; Norris SL 2002; Wagner EH 2000). Il dato comune a queste revisioni è che i programmi di disease management permettono di ottenere un controllo glicemico significativamen-te migliore rispetto a quello otsignificativamen-tenibile nei pazienti dei gruppi di controllo, sottoposti a programmi convenzionali di cura con una riduzione media dei valori di HbA1c circa di 0,5%. Un altro aspetto migliorativo associato alla gestione integrata del diabete si riscontra su indicatori di processo (Knight K 2005; Norris SL 2002), quali la frequenza con cui i pazienti vengono sottoposti annualmente a de-terminazione dei valori glicemici (HbA1c), i controlli sul fondo dell’occhio, la frequenza dei controlli clinici sul piede, e infine la frequenza delle determinazioni di alcuni esami di laboratorio. Le revisioni sistematiche evidenziano anche che, a eccezione dei dati sul controllo glicemico, esiste una notevole eterogeneità su aspetti sostanziali del problema, quali la definizione di disease management, la diver-sità nelle tipologie di intervento, la diverdiver-sità degli outcome considerati limitando in parte la trasferibi-lità dei risultati della letteratura a specifici contesti assistenziali.

In Italia, il diabete mellito è una malattia sociale riconosciuta dal 1961; la regolamentazione dell’as-sistenza alla persona con diabete è definita dalla legge 115/87 e dalle successive leggi regionali attuative. Il Piano sanitario nazionale (PSN) 2003/05, in coerenza con i cambiamenti politici del 2001 (modifica del titolo V della Costituzione e devolution) ha definito le linee di indirizzo di interventi che, attraverso l’Accordo Stato-Regioni del 24/07/2003 (Piano Nazionale di Prevenzione Attiva - “Sanità futura” - 2004) e del 23/03/2005 (Piano Nazionale di Prevenzione 2005-2007) hanno posto la riduzio-ne delle complicanze cardiovascolari e segnatamente del diabete come aree d’interesse prioritario da affrontare mediante la realizzazione di specifici progetti regionali. I progetti, finanziati con risorse aggiuntive, sono affidati alle Regioni, sotto la guida e la supervisione del Centro per il Controllo delle Malattie (CCM) del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità che, per quanto riguarda il diabete, aveva già attivato il progetto IGEA finalizzato a promuovere la prevenzione delle compli-canze del diabete mediante l’offerta, alle regioni, di strumenti per l’attuazione sistematica di modelli assistenziali di gestione integrata della malattia. Il nuovo PNP 2010-2012 (Intesa Stato-Regioni del 29/04/2010) ha rinnovato e rilanciato gli obiettivi di quello precedente, promuovendo la gestione integrata in un ottica allargata di gestione della cronicità.

Lo stesso Piano Nazionale sulla malattia diabetica, proposto nel 2013 dal Ministero della Salu-te, all’interno della Commissione Nazionale DiabeSalu-te, pone come primo obiettivo di “Migliorare la capacità del SSN nell’erogare e monitorare i Servizi, attraverso l’individuazione e l’attuazione di strategie che perseguano la razionalizzazione dell’offerta e che utilizzino metodologie di lavoro basate soprattutto sull’appropriatezza delle prestazioni erogate” e all’interno di questo i seguenti obiettivi strategici:

• coinvolgimento di tutti i professionisti sanitari e non, formando team locali idonei a gestire i vari gradi di complessità della malattia;

• condivisione dei PDTA e definizione dei ruoli e delle attività;

• utilizzazione e analisi periodica di indicatori;

• percorsi di formazione e verifica per il personale medico e non;

• definizione di un processo di gestione integrata che riguardi ogni singola persona con diabete dal momento della diagnosi.

Nell’ambito del progetto IGEA, sono state infine elaborate linee-guida organizzative, basate su evidenze solide di efficacia (Knight K 2005; Norris SL 2002; Wagner EH 2000) (vedi Tabella 4.Q1).

Questi documenti sono stati recepiti dalle società medico-scientifiche e dalle rappresentanze delle maggiori categorie dei professionisti che intervengono nell’assistenza alle persone con dia-bete mellito nel documento Assistenza integrata alla persona con diadia-bete mellito tipo 2 e declinati in compiti e attività distintive, regolate da criteri clinici d’invio condivisi e “tracciate” da variabili di tipo bioumorale da monitorare per la valutazione del processo e il miglioramento della qualità dell’assistenza e degli esiti di salute.

È importante osservare che il modello di assistenza che fornisce i migliori esiti è quello che inte-gra le competenze e la specificità del team diabetologico con quelle della medicina generale. Vari studi osservazionali italiani hanno dimostrato che il coinvolgimento del diabetologo nel processo di cura si associa ad una riduzione della mortalità da tutte le cause nelle persone con diabete (Zoppini et al., 1999; Bruno et al., 2005; Baviera et al., 2017; Bonora et al., 2018).

In Tabella 4.O2, in sintesi, le raccomandazioni declinate in compiti per ciascun attore dell’assi-stenza.

Tabella 4.O1 Modalità organizzative per la gestione integrata del diabete tipo 2 nell’adulto

• Il paziente è inviato al Centro diabetologico per la valutazione complessiva, l’im-postazione terapeutica e l’educazione strutturata alla gestione della malattia, che comprende la chiara indicazione degli obiettivi da raggiungere, dei mezzi adeguati allo scopo e delle motivazioni che rendono necessario un follow-up per tutta la vita.

• Il paziente viene seguito in modo attivo, secondo una medicina di iniziativa, da parte del proprio MMG, al fine di garantire il raggiungimento e il mantenimento degli obiettivi stabiliti.

• Il paziente effettua una visita generale almeno ogni 6 mesi presso l’MMG.

• Il paziente effettua una valutazione complessiva presso la struttura diabetologica almeno una volta l’anno, se l’obiettivo terapeutico è raggiunto e stabile e non sono presenti gravi complicanze.

• Il paziente accede, inoltre, al Centro diabetologico per visite non programmate e/o urgenti ogni qual volta, a giudizio dell’MMG, se ne presenti la motivata necessità.

MMG, medico di medicina generale.

Tabella 4.O2 Raccomandazioni declinate in compiti per ciascun attore dell’assistenza.

Compiti della persona con diabete

• Acquisizione di un ruolo attivo e centrale nella gestione della propria malattia.

• Condivisione del Piano di Cura e del calendario delle visite e degli incontri con l’MMG (medico di me-dicina generale), il diabetologo e gli altri professionisti sanitari.

• Partecipazione alle attività di educazione strutturata.

• Acquisizione di competenze nella gestione della malattia, coerentemente con le proprie esigenze.

• Accesso ai propri dati clinici anche in formato elettronico.

Compiti delle strutture specialistiche diabetologiche

• Definizione diagnostica del diabete neodiagnosticato e inquadramento terapeutico con formulazione del Piano di Cura personalizzato e condiviso con i MMG. Il Piano di Cura deve comprendere la chiara formulazione degli obiettivi terapeutici da raggiungere, dei mezzi adeguati allo scopo e ai risultati atte-si, e delle motivazioni che rendono necessario un follow-up per tutta la vita.

• Presa in carico, in collaborazione con i MMG, delle persone con diabete.

• Gestione clinica diretta, in collaborazione con i MMG e gli altri specialisti, delle persone con: grave in-stabilità metabolica; complicanze croniche in fase evolutiva; trattamento mediante infusori sottocutanei continui di insulina; diabete in gravidanza e diabete gestazionale.

• Impostazione della terapia medica nutrizionale.

• Effettuazione dell’educazione terapeutica e, in collaborazione con i MMG, di interventi di educazione sanitaria e counseling delle persone con diabete, rivolti, in particolare, all’adozione di stili di vita corretti e all’autogestione della malattia.

• Valutazione periodica, secondo il Piano di Cura personalizzato adottato, dei pazienti diabetici di tipo 2 seguiti con il protocollo di gestione integrata, finalizzata al buon controllo metabolico e alla diagnosi precoce delle complicanze.

• Raccolta dei dati clinici delle persone con diabete in maniera omogenea con il MMG di riferimento, mediante cartelle cliniche preferibilmente in formato elettronico.

• Attività di aggiornamento rivolta ai MMG in campo diabetologico.

È pertanto indispensabile assicurare che, in ogni contesto locale, nella formulazione dei percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali per la gestione integrata del diabete tipo 2, tra i Servizi di diabetologia e la medicina territoriale, siano tenuti in conto i determinanti previsti dai documenti regolatori istituzionali nazionali e regionali e dai documenti scientifici e professionali di riferimento a oggi disponibili.

Bibliografia

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Progetto IGEA. Gestione integrata del diabete mellito di tipo 2 nell’adulto. Documento di indirizzo, Aggiornamento 2012 - Sintesi. Il Pensiero Scientifico Editore, ROMA 2012. Accessibile al: www.epicentro.iss.it/igea/

Pimouguet C, Le Goff M, Thiébaut R, et al. Effectiveness of disease-management programs for improving diabetes care:

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Knight K, Badamgarav E, Henning JM, et al. A systematic review of diabetes disease management programs. Am J Manag Care 2005;11:242-250

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segue Tabella 4.O2 Raccomandazioni declinate in compiti per ciascun attore dell’assistenza.

Compiti del medico di medicina generale

• Identificazione della popolazione a rischio aumentato di malattia diabetica tra i propri assistiti.

• Diagnosi precoce di malattia diabetica tra i propri assistiti.

• Identificazione, tra i propri assistiti, delle donne con diabete gestazionale.

• Presa in carico, in collaborazione con le Strutture diabetologiche (SD) per l’assistenza alle persone con diabete mellito, dei pazienti e condivisione del Piano di Cura personalizzato.

• Valutazione periodica, mediante l’attuazione di una medicina di iniziativa, dei propri pazienti secondo il Piano di Cura adottato, finalizzata al buon controllo metabolico e alla diagnosi precoce delle compli-canze.

• Effettuazione, in collaborazione con la SD per l’assistenza alle persone con diabete mellito, di interventi di educazione sanitaria e counseling delle persone con diabete rivolti, in particolare, all’adozione di stili di vita corretti e all’autogestione della malattia.

• Monitoraggio dei comportamenti alimentari secondo il Piano di Cura personalizzato.

• Organizzazione dello studio (accessi, attrezzature, personale) per una gestione ottimale delle persone con diabete.

• Raccolta dei dati clinici delle persone con diabete in maniera omogenea con le Strutture per l’assistenza alle persone con diabete mellito di riferimento mediante cartelle cliniche preferibilmente in formato elettronico.

V. Prevenzione e gestione delle complicanze del diabete

A. MALATTIA CARDIOVASCOLARE

Un intervento intensivo e multifattoriale teso all’ottimizzazione di tutti i fattori di rischio car-diovascolare mediante modificazioni dello stile di vita e idonea terapia farmacologica deve

essere implementato in tutti i pazienti con diabete. I A

La scelta del farmaco antidiabetico influisce su mortalità ed eventi cardiovascolari nei soggetti che hanno già avuto un evento. Metformina, pioglitazone, SGLT2 inibitori e GLP1-RA agonisti

hanno evidenze a favore in questo senso. IB

Le malattie cardiovascolari sono la causa principale di mortalità e di morbilità dei soggetti diabe-tici con conseguente aumento dei costi diretti e indiretti del diabete (Haffner SM 1998). I soggetti italiani con diabete presentano un eccesso di mortalità pari al 30-40% rispetto alla popolazione non diabetica (Bruno G 1999; Brun E 2000), eccesso che sembra ridursi in presenza di un’assistenza strutturata e specialistica (Muggeo M 1995; Giorda C 2012). La diagnosi di diabete tipo 2 è pre-ceduta mediamente da una fase della durata di circa 7 anni nella quale la malattia è silente ma il rischio cardiovascolare è già comparabile a quello del diabete noto. Il diabete tipo 2 è un fattore di rischio indipendente per le patologie macrovascolari e condizioni coesistenti, quali ipertensione, dislipidemia, fumo di sigaretta, presenza di albuminuria, storia familiare di malattia coronarica pre-coce si sovraimpongono come fattori di rischio cardiovascolari indipendenti. Recentemente è stata posta l’attenzione sulle complicanze microangiopatiche (neuro-, retino- e nefropatia) (Avogaro A 2007; Xie J 2017) come indicatori di rischio aggiuntivo per lo sviluppo di complicanze macroangio-patiche. La riduzione del filtrato glomerulare e la microalbuminuria, fattori di rischio indipendenti anche nei spggetti senza diabete, paiono essere associate in modo concausale. Più dibattuto è il ruolo di retino e neuropatia, per le quali esistono rilevanti evidenze di associazione ma un’azione diretta, indipendente dalla durata di malattia, non è ancora stata dimostrata. Studi clinici hanno evidenziato come ridurre i fattori di rischio cardiovascolare classici sia efficace nel prevenire o rallen-tare le complicanze cardiovascolari per cui tali i fattori di rischio cardiovascolare dovrebbero essere valutati in modo sistematico almeno una volta all’anno in tutti i pazienti con diabete.

Lo studio BARI 2D ha mostrato in pazienti con cardiopatia ischemica stabile ai quali era stata prescritta l’indicazione alla rivascolarizzazione tramite angioplastica o tramite bypass aortocoro-narico, l’equivalenza dell’approccio invasivo e di quello medico, sia nel sottogruppo trattato con farmaci insulino-sensibilizzanti (metformina o glitazoni) sia nel sottogruppo trattato con insulina o segretagoghi, sulla mortalità a 5 anni e sull’endpoint composito (morte, infarto, ictus) (BARI 2D Stu-dy Group 2009). Le evidenze riguardanti i singoli fattori di rischio cardiovascolare sono sintetizzate e commentate nelle sezioni seguenti. È importante però sottolineare che i risultati più importanti, in termini di riduzione della mortalità totale, della mortalità cardiovascolare e degli eventi cardio-vascolari (oltre il 50%) si sono ottenuti con un intervento intensivo teso all’ottimizzazione di tutti i fattori di rischio cardiovascolare (Gaede P 2003; Gaede P 2008). A queste evidenze va aggiunto che recenti trials con farmaci innovativi come SGLT-2 inibitori e GLP1-RA agonisti (Zinman B 2015; Neal 2017; Marso SP 2016; Marso SP 2016a; Holman 2017) riportano un’azione diretta su mortalità ed eventi in casistiche di soggetti con precedenti cardiovascolari, non spiegabile con il solo controllo dei fattori di rischio classici la quale è, probabilmente, attribuibile ad altri fattori non ancora del tutto noti.

Nella maggior parte dei casi, nel paziente con diabete tipo 2, vi è la coesistenza di più co-mor-bilità (ad esempio, ipertensione, obesità viscerale e dislipidemia) che sono fattori di rischio indipen-denti noti insieme al diabete stesso. Quindi, allo stato attuale delle conoscenze, il controllo dei sin-goli fattori di rischio nel prevenire o rallentare le malattie cardiovascolari nei pazienti con diabete, è

basilare soprattutto in caso di coesistenza di più fattori. Tuttavia, alla luce delle nuove conoscenze, va certamente considerata anche l’azione specifica del farmaco antiperglicemico utilizzato.

Anche i pazienti con diabete tipo 1 presentano un rischio cardiovascolare aumentato rispetto alla popolazione non diabetica e tale aumento sembra essere condizionato dalla copresenza degli stessi fattori di rischio che operano nel diabete tipo 2, inclusi albuminuria e riduzione del filtrato glomerulare. Purtroppo gli studi di intervento nel diabete tipo 1 non sono molti e, quindi, le racco-mandazioni a tal riguardo sono per lo più mutuate dalle evidenze ottenute nel diabete tipo 2.

Bibliografia

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Zinman B, Wanner C, Lachin JM et al; EMPA-REG OUTCOME Investigators.Empagliflozin, Cardiovascular Outcomes, and

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