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54 International Congress of Meat Science and Technology (ICoMST) – 34Agroscope ALP N 24

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Academic year: 2022

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Temi attuali dalla ricerca internazionale sulla carne – 3a parte

54 th International Congress of Meat Science and Technology (ICoMST) –

La 3a parte della relazione sul 54.

Congresso di ricerca internazionale sulla carne (ICoMST) contiene sva- riati aspetti delle tematiche trasfor- mazione/tecnologia/imballaggio e presenta diversi prodotti di origine animale non convenzionali.

Trasformazione/Tecnologia

Una presentazione belga (L. de Vuyst) era dedicata ai probiotici nelle sal- sicce crude. I probiotici sono dei microrganismi che riescono a superare indenni il passaggio nello stomaco (molto acido!), di conseguenza sono disponibili nell’intestino e resistenti ai processi tecnologici; essi possono quindi sviluppare un effetto profilat- tico in tutto il corpo (non limitato al solo tratto digerente!). L’effetto di pre- venzione consiste spesso in una mag- giore competitività nei confronti di al- tri batteri, in una migliore attività in- testinale, in una digestione più efficace con diminuzione della diarrea e raf- forzamento del sistema immunitario.

Come probiotici vengono impiegati tra l’altro dei ceppi di lievito (saccha- romyces) e batteri di acido lattico (lat- tobacilli, bifidobatteri), i cui effetti di- pendono dal ceppo, dalla matrice (un alto contenuto di grassi è sfavorevole) ed anche dall’individuo. I probiotici vengono aggiunti agli alimenti funzio- nali della 2a generazione (1a genera- zione: soprattutto nutrienti crudi). A causa delle condizioni molto specifi- che nelle salsicce ad impasto crudo (basso valore aw, basso valore pH, te- nore elevato di sale) spesso manca la prova dell’effetto favorevole sulla sa-

lute (ad es. l’effetto contro la listeria) soprattutto per il fatto che quasi sem- pre mancano le verifiche sulle per- sone.

Un lavoro italiano (Andersen e Ci- slaghi) ha esaminato l’impiego di GdL, cioè una cultura di partenza nel sa- lame. Con entrambi i dosaggi di Glu- cono-delta-Lacton (GdL: 0,4 e 0,8%) si è potuto ottenere un abbassamento del pH a meno di 5,3 a 25 °C. Il mede- simo risultato è stato ottenuto anche con la cultura di partenza in 17 ore. La concentrazione più elevata, al contra- rio di quella più bassa, ha influenzato negativamente la cultura di partenza;

i batteri di acido lattico naturalmente presenti, per contro, non hanno subìto alcuna influenza. In base ai risultati si è concluso che una bassa concentra- zione di GdL è ben compatibile con l’impiego di una cultura di partenza.

Purtroppo nel contributo non è stato accennato alla rubefazione, un fattore che nella pratica risulta altrettanto im- portante.

In un’indagine dell’ALP (Hadorn et al.) è emerso che, impiegando il 7,5%

di inulina ed il 7,5% di acqua nella sal- siccia di Lione, è possibile ottenere una riduzione del grasso di circa il 40%

senza particolari svantaggi sensoriali e nonostante il fatto che le analisi stru- mentali indicassero una consistenza tendenzialmente più molle e costi di produzione superiori fino al 5%.

Grande interesse ha suscitato anche la problematica delle destrutturazioni del prosciutto cotto: oltre che in Sviz- zera, questo tema sembra essere molto attuale anche in altri paesi europei (F, B, D, DK, S, Lituania).

In un ulteriore contributo di poster dalla Svizzera (Hugenschmid et al.) le aree destrutturate nel prosciutto cotto apparivano più chiare e molli e presen- tavano un valore pH leggermente più basso rispetto alle aree normali. Esse erano caratterizzate inoltre da una massa asciutta e da un contenuto pro- teico complessivo maggiori, mentre ri- sultavano inferiori i contenuti di pro- teine dei tessuti connettivi, di ceneri grezze e di zucchero (→ minor assor- bimento di salamoia?). Sia il tenore ri- dotto di tessuti connettivi insolubili sia il maggior indice di frammentazione miofibrillare potrebbero spiegare al- meno in parte il minor grado di strut- turazione nelle aree difettose.

Un contributo proveniente dalla Francia (Vautier et al.) attribuiva la comparsa di «aree simili al PSE» nel prosciutto cotto soprattutto al valore del pH final, piuttosto che al valore del pH1. Ciò costituisce una differenza so- stanziale rispetto al classico difetto PSE della carne, caratterizzato da una distruzione rapida del glicogene che si verifica immediatamente dopo la morte. Si è concluso che la comparsa di forti destrutturazioni nel prosciutto cotto può essere limitata parecchio te- nendo conto delle diverse condizioni di macellazione (periodo dell’anno, macello, tipo di stordimento), e con- trollando le condizioni di digiuno e di riposo se in questo modo il valore fi- nale del pH della materia prima è su- periore a 5,7. In base alle misurazioni eseguite dall’ALP (non pubblicate), in pratica nella maggioranza dei pro- sciutti questo valore non può essere at- tualmente ottenuto.

Un poster irlandese (McArdle et al.) s’interrogava sugli effetti di un tratta- mento ad alta pressione (200, 300, 400 MPa) a differenti temperature (20, 40 °C) sulla qualità della carne di manzo. In generale, il trattamento ad alta pressione aveva come effetto una riduzione della microflora paragona- bile all’effetto prodotto dal trattamento termico. Aumentando la pressione e diminuendo la temperatura, tuttavia aumentavano la perdita di liquidi in cottura, la percentuale di ossidazione dei grassi e la chiarezza del colore; di conseguenza per la carne fresca si rac- comandava l’impiego di un tratta- mento ad alta pressione moderato.

In un lavoro giapponese (Ichinoseki et al.) si è constatato che la surgela- zione rapida di lonze di maiale (ra- pida: –50 °C in 2 ore, lenta: –20 ° in 4 giorni) ha come conseguenza una minor perdita per surgelazione nelle lonze ed una maggior resistenza alla masticazione nelle salsicce prodotte con questo tipo di materia prima; da

notare che non sono state constatate delle differenze di struttura evidenti.

Imballaggio

In una relazione americana (K. W. Mc- Millin) sull’evoluzione degli imbal- laggi è stata fatta dapprima una distin- zione tra gli imballaggi in atmosfera modificata (MAP, con sostituzione/

sottrazione) e atmosfera controllata (CAP, sotto sorveglianza continua).

Questi ultimi vengono meno impie- gati nell’ambito della carne e di pre- ferenza nei container di frutta, mentre i primi comprendono sia gli imbal- laggi sotto vuoto che quelli contenenti svariati gas come ossigeno a azoto, ri- spettivamente CO2. Negli imballaggi MAP si distingue tra attivi e passivi:

questi ultimi contengono dei compo- nenti specifici che consentono di pro- lungare la conservabilità e di miglio- rare la qualità. Per la carne fresca è particolarmente interessante conser- vare il colore rosso acceso. In questo ambito si è verificato uno sviluppo da- gli imballaggi termoretraibili permea- bili all’ossigeno ai noti imballaggi si- gillati contenenti gas protettivo. La percentuale di questi imballaggi im- piegati complessivamente nella ven- dita di carne fresca è stimata attual- mente al 43% in Europa ed al 64% ne- gli USA. Oggigiorno vengono impiegate soprattutto pellicole multi- strati di diversi materiali, in quanto non esiste un singolo materiale che soddisfi contemporaneamente tutte le esigenze come l’innocuità fisiologica, la stabilità meccanica, l’impressione ottica, le caratteristiche fisiche (ad es.

inodore e insapore, permeabile ai gas/

umidità) nonché la resistenza al calore (ad es. alla saldatura, retraibilità). Ha inoltre un’importanza determinante la composizione dei gas all’interno del- l’imballaggio, i quali influenzano il colore della carne (>80% risp. >0,4 CO [quest’ultimo non ammesso in UE e CH], sono note delle differenze nella stabilità del colore), la consistenza (la tenerezza della carne bovina peggiora in seguito all’ossidazione delle pro- teine che si aggregano), l’aroma (os- sidazione di grassi, vitamine) nonché la conservabilità (20–40% di CO2 ha un effetto conservante nei confronti dei batteri gram-negativi [i gram-po- sitivi sono spesso facoltativi anaero- bici]). Nonostante il volume ridotto al minimo per favorire lo stoccaggio, lo spazio superiore all’interno dell’im- ballaggio dovrebbe corrispondere circa a 1,5 a 3 volte il volume della carne. Occorre inoltre evitare assolu- tamente il contatto tra il contenuto e la pellicola di copertura, che potrebbe causare una colorazione scura. Gli im- Durante il congresso.

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ballaggi devono inoltre rispondere ad altre esigenze, come la facilità alla manipolazione (ad es. apertura del- l’imballaggio, comunicazione), il ri- spetto per l’ambiente (ad es. lo smal- timento delle pellicole di plastica, il riciclaggio, i materiali biodegrada- bili), il prolungamento della conser- vabilità (ad es. film antibatterici, ma- teriali gas-assorbenti, antiossidanti, probiotici), l’idoneità a subire ulte- riori processi (ad es. surgelare, alta pressione, irradiazione): infine, gli imballaggi dovrebbero anche essere economici.

Un poster americano (Mancini et al.) si è occupato dell’influenza del- l’imballaggio (sotto vuoto vs. 80% O2 +20% CO2 vs. 0,4% CO + 30% CO2 +69,6% N2) e dell’iniezione di k-lat- tato (senza, 1,25%, 2,5%) sul colore della carne bovina. Con l’aggiunta di lattato il valore rosso è risultato diffe- rente a dipendenza del muscolo. In ge- nerale nella carne di manzo fresca con miscela di CO è stata ottenuta una mi- gliore stabilità del colore che non con la variante O2/sotto vuoto. Un altro po- ster proveniente dagli USA (Raines et al.) era dedicato all’influenza dell’im- ballaggio sul colore della carne nel caso specifico di diversi muscoli di bo- vino macinati dalla differente stabilità di colore (lombata: elevata, anca: me- dia, geretto anteriore: bassa) imballati in atmosfera MAP con 80% O2 e 20%

CO2. L’inclusione di oltre il 25% di muscoli dalla bassa stabilità di colore ha prodotto un peggioramento del co- lore. Negli imballaggi di carne bovina è pertanto raccomandabile prestare at- tenzione alla stabilità del colore dei singoli muscoli, mantenendo la per- centuale di muscoli dalla bassa stabi- lità di colore sotto il 25% e quella dei muscoli dalla stabilità di colore elevata sopra il 50%.

In un contributo di poster danese (M. A. Torngren) si comparava negli hamburger di carne bovina l’influenza del tipo d’imballaggio (pellicola vs.

imballaggio protetto con elevata per- centuale di O2), sul tempo di congela- mento (rapido, lento) e di scongela- mento (frigorifero: 24 ore, temperatura ambiente: 10 ore, microonde: 10 mi- nuti). La carne dell’imballaggio pro- tettivo aveva un odore meno intenso, una succosità ridotta, una perdita

maggiore alla cottura, più aromi/

sapori estranei (warmed-over-flavour WOF, era rancida, acida), una consi- stenza più gommosa e più alterazioni del colore. Il congelamento più lento ha avuto come effetto una maggior succosità, più aromi/sapori estranei (rancido, in parte WOF) nonché una consistenza più gommosa. Lo sconge- lamento nel forno a microonde ha ri- dotto la perdita alla cottura (solo gas protettivo), l’alterazione del colore nonché gli aromi/sapori estranei (ran- cido, acido, WOF).

In un lavoro francese (Gobert et al.) si mostrava che con l’aggiunta di vita- mina E e di un estratto vegetale ad un mangime d’ingrasso è possibile ri- durre l’ossidazione del grasso nella carne bovina trasformata. Risultati pa- ragonabili si potevano osservare anche in uno studio spagnolo (Sañudo et al.), dove l’aggiunta di vitamina E, rispet- tivamente di bioflavonoidi al mangime (in confronto al controllo al negativo) prolungava di tre giorni la conservabi- lità della carne bovina. L’aggiunta di vitamina E ha inoltre aumentato il gra- dimento sensoriale. In un’analisi della Cechia (Pipek et al.) è stato analizzato l’effetto antiossidante di estratti di erbe (rosmarino, noce moscata, mi- scela di spezie non meglio specificata) sulle salsicce scottate e crude. Con tutti gli estratti di erbe si sono ottenuti effetti positivi sia per quanto riguarda l’ossidazione del grasso sia riguardo alla stabilità del colore; da notare che fra tutti, il rosmarino ha prodotto l’ef- fetto migliore. Secondo uno studio dell’Estonia (Püssa et al.), anche i po- lifenoli provenienti da estratti di bac- che hanno effetti antiossidanti, che si possono impiegare direttamente nella marinatura della carne di maiale. Se- condo uno studio americano-canadese (Shahidi et al.), anche i polifenoli pro- venienti dalla spelta trattata con en- zimi di diversi cereali (frumento, orzo, miglio) possiedono effetti antiossi- danti e potrebbero essere impiegati per evitare l’ossidazione dei grassi nei prodotti carnei.

Uno studio portoghese (Fraquesa et al.) si è occupato dell’influenza delle condizioni nel banco di vendita del ne- gozio sulla conservabilità ed il colore della carne bovina. È risultato un au- mento della crescita di batteri e quindi una conservabilità ridotta nonché delle alterazioni sfavorevoli del colore, so- prattutto nel caso in cui la carne bo- vina in imballaggio protettivo (70%

O2, 30% CO2) era esposta ad una luce intensa o a delle oscillazioni di tempe- ratura.

Un contributo di poster assai inte- ressante dalla Danimarca (Hansen et al.) si è occupato dell’influenza della percentuale di ossigeno sulla durezza delle lonze di maiale in imballaggio- MAP. Si è constatato che aumentando la percentuale di O2 (40, 50 e 70%);

compensato con CO2) nell’imballag- gio, aumentavano la durezza e la gran-

dezza delle particelle nella carne di maiale. Questi fenomeni sono stati at- tribuiti all’ossidazione delle proteine (→ formazione di aggregazioni pro- teiche) ed all’inattivazione O2-dipen- dente dell’µ-calpaina, uno dei princi- pali enzimi di maturazione.

Per la frollatura prolungata di bi- stecche di manzo fino a 75 giorni, un gruppo di ricercatori francesi (Picgi- dard e Lemoine) raccomanda, basan- dosi sui suoi lavori, di rispettare i se- guenti punti: raffreddare il più rapida- mente possibile l’intero muscolo dopo la macellazione, ridurre la temperatura a –1,5 °C entro 3 giorni, temperatura d’immagazzinamento circa –1,5 °C, imballaggio sotto vuoto (8 mbar me- glio di 3 mbar). Se le bistecche ven- gono tagliate prima dell’immagazzi- namento, un imballaggio MAP con il 50% di CO2 ed il 50% di N2 costitui- sce la migliore alternativa all’imbal- laggio sotto vuoto.

Prodotti non convenzionali di origine animale

Soprattutto in Africa interessa in modo particolare il consumo di carne delle specie animali indigene. Un relatore sudafricano (L. C. Hoffman) si è quindi occupato della qualità della carne di specie animali meno sfruttate, come gli ungulati (ad es. antilope), camelidi (cammello, lama), roditori (ad es. por- cellino d’India, castorino, capibara, ratto dei canneti), uccelli corridori (struzzo, emu, nandu) e rettili (soprat- tutto coccodrillo, lucertola). La carne della maggior parte delle specie citate si distingue per il basso tenore di co- lesterolo e per la combinazione favo- revole di acidi grassi (elevata percen- tuale di acidi grassi insaturi). Anche se attualmente si vende meglio la carne degli ungulati, grazie alla buona qua- lità della carne ed alla elevata capacità di adattamento alle diverse condizioni

di allevamento, per il futuro s’intrav- vedono grandi prospettive per la carne dei roditori.

In Africa si attribuisce molta impor- tanza anche alla produzione di carne caprina (L. Simela), in quanto le ca- pre si possono allevare in condizioni assai semplici. Attualmente in Africa si produce circa il 20% di tutta la carne di capra nel mondo e la percentuale esportata è soltanto del 5%.

Due contributi di poster dal Sud- africa (Magoro et al.) hanno affrontato il tema dell’aggiunta di prodotti secon- dari della macellazione di bovini nelle salsicce scottate allo scopo di consen- tire il consumo di salsicce anche nelle cerchie della popolazione economica- mente svantaggiate. Lo studio ha evi- denziato che le ricette con ritagli di bo- vino, milza, budelli, cuore e pane bi- scottato sono paragonabili ai risultati di uno studio eseguito su ritagli di bo- vino e pane biscottato (!).

Un contributo di poster francese (Lemoine et al.) si è occupato della trasformazione di scarti della macel- lazione in ingredienti funzionali allo scopo di sfruttare meglio in futuro que- ste materie prime come fonti di pro- teine animali. Con l’esempio dei pol- moni di maiale si è mostrato che la produzione di soluzioni acquose tra- mite processi di detersione e concen- trazione (micro- ed ultrafiltrazione) si può ottimizzare grazie alla tempera- tura, al tempo di estrazione ed alle pro- porzioni quantitative. I concentrati di proteine ricavati dai polmoni di maiali si distinguono per delle qualità gelifi- canti che si possono senz’altro para- gonare alle caratteristiche analoghe delle proteine del latte, delle uova e della soia.

Dr. Ruedi Hadorn

Stazione di ricerca Agroscope Liebefeld-Posieux ALP Costoletta di maiale marmorizzata.

Rapporti scientifici

«Carne e commestibili» coltiva da molto tempo una collaborazione impegnata con l’Agroscope (ALP).

Questa circostanza consente alla redazione di pubblicare ad inter- valli regolari dei contributi scienti- ficamente provati della ricerca sulla carne. Per questo desideriamo esprimere al Dr. Ruedi Hadorn ed al suo team dell’ALP la massima stima e riconoscenza.

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