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Meier, F., Engesser, R., Forster, B., Odermatt, O., & Nierhaus, D. (1997). Situazione fitosanitaria dei boschi nel 1996. Bolletino SFOI: Vol. Aprile.

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Aktie "Meier, F., Engesser, R., Forster, B., Odermatt, O., & Nierhaus, D. (1997). Situazione fitosanitaria dei boschi nel 1996. Bolletino SFOI: Vol. Aprile."

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Eidgenossische Forschungsanstalt tor Wald, Schnee und Landschafl

lnslilut lédéral de recherches sur la foret, la neige et le paysage

Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio

Swiss Federai lnstitute lor Forest, Snow and

Landscape Research

BOLLETTINO SFOI

Situazione fitosanitaria dei boschi nel 1996

di Franz Meier, Roland Engesser, Beat Forster, Oswald Odermatt, Dagmar Nierhaus

Aprile 1997

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-BOLLETTINO SFOI Aprile 1997

Situazione fitosanitaria dei boschi nel 1996

di Franz Meier, Roland Engesser, Beat Forster, Oswald Odermatt, Dagmar Nlerhaus Traduzione: Nicola Petrini

FDK: 453: 443.3: 422.2: (494): (047.1)

Indice

1 Riassunto

2 Andamento meteorologico del 1996 3 Selvaggina

3.1 Osservazioni e rilevamenti tramite campionamento 3.2 Norme di diritto

4 Piccoli mammiferi 5 Insetti

5.1 Bostrico tipografo

5.2 Altre specie di coleotteri corticali 5.3 Xylosandrus germanus

5.4 Tortrice grigia del larice 5.5 Erannis defoliaria

5.6 Thaumetopoea processionea 6 Malattie batteriche

6.1 Tizzone

6.2 Cancro del frassino

7 Malattie d'origine fungina e danni dovuti a cause complesse 7.1 Arrossamenti degli aghi su giovani douglasie

7.2 Carie del cuore 7 .3 Dothichiza populea 7.4 Moria degli aceri ricci 7.5 Moria di aceri di monte 7.6 Grafiosi dell'olmo

8 Danni abiotici

9 Gemeldete Organismen und ihre Bedeutung im Forstschutz

Der phytosanltare Beobachtungs- und Melde·

dlenst PBMD 1st elnt Gruppe der Eldg. For·

schungsanstall fiir Wald, Schnee und Land·

schaft, WSL, Blrmensdorf.

Als Anlauf- und Beratungsstelle fur Forstschutz·

fragen informiert der PBMD uber Auftreten, Ver·

breitung und Bedeutung aktueller Forstschutz- probleme in der Schweiz.

Oer PBMD steht mii den kantonalen Forstschutz·

beauftragten in direktem Kontakt, um anstehen- de Probleme gemeinsam zu lèisen.

In der Regel stammen die Beobachtungen und Meldungen an den PBMD van den kantonalen Forstdiensten.

Le Servi ce phytosanltalre d'observatlon et d'ln·

formatlon SPOI est un groupe appartenant à l'lnslllut fédéral de recherches sur la forll, la nelge et le paysage, FNP, à Blrmensdorf.

En tani que service de consultation et decana- lisation des questions de protection des forets, le SPOI informe et conse1lle lorsque des problè·

mes surgissent dans ce domaine,

Le SPOI reste en contaci direct avec les délé·

gués cantonaux à la protection des forets a fin de résoudre en commun les problèmes qui se posent. Les observations et informations trans- mises au SPOI proviennent habituellement des services forestiers cantonaux.

Il Servizio Fitosanitario di Osservazione e d'Informazione SFDI 6 un gruppo dell'Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e Il paesaggio, FNP, Blrmensdorf.

In qualità di ufficio di segnalazione e di consu- lenza per le questioni. sanitarie del bosco, lo SFOI informa sulla presenza, la distribuzione e I' importanza dei problemi fitosanitari attuali a livello Svizzero.

Lo SFO I lavora in diretto contatto con i rispettivi responsabili cantonali delle questioni fitosani·

!arie, alla comune ricerca di soluzioni ai vari problemi. Le segnalazioni e le osservazioni co- municate 'allo SFOI provengono, di regola, pro- prio dai servizi forestali cantonali.

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8903 Blrmensdorf Telefon 01 - 739 2111 Telefax 01 - 739 2215

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1 Riassunto

L'andamento meteorologico del 1996 è stato caratterizzato da una stagione invernale ed un inizio di primavera particolarmente asciutti e da un'estatecon clima che si situava nella me- dia, fatta eccezione per la prima metà del mese di giugno soleggiata e molto calda. Hanno poi fatto seguito un mese di settembre decisamen- te troppo freddo, un periodo autunnale ricco di precipitazioni ed una fine anno prettamente

invernale. .

Lo sviluppo del tipografo è stato ritardato da lunghi periodi freddi in primavera e da ripetu- te incursioni di correnti d'aria fredda verifica- tisi durante la fase vegetativa. Nel 1996, in molte regioni svizzere, le utilizzazioni forzate dovute a questo coleottero sono diminuite: a metà dell'estate, nel nostro paese, erano stati abbattuti 191000 m 3 di legname d'abete rosso, con una riduzione del 20% rispetto allo stes\50 periodo dell'anno precedente. La situazione va comunque ancora considerata critica. Il coleot- tero Xylosandms germanus, segnalato in Svizze- ra per la prima volta nel 1984, si è ormai diffu- so in molte regioni del Paese. Nel 1996 la tor- trice grigia del larice è riapparsa per la prima volta dopo l'ultim~ gradazione verificatasi negli anni ottanta. In due popolamenti di lari~

ce, nella Valle d'Hérens, nel Canton Vallese, s1 sono avute erosioni degli aghi appariscenti.

Altre larve di lepidotteri, particolarmente l'Erannis defoliaria hanno, in alcuni casi, causato defogliazioni da forti a totali sulle latifoglie.

In vaste aree dell'Altipiano e del Giura, nel periodo precedente l'inizio del~a pr~av~ra'.

sono stati osservati arrossamenti degli aghi d1 douglasie: si trattava di un danno da aridità fisiologica da gelo riconducibile al contem- poraneo presentarsi di clima invernale secco;

temperature molto basse e forte irraggiamento solare del periodo precedente la primavera. La siccità ha pure favorito l'apparizione di malat- tie corticali. Se per quanto riguarda quella che ha colpito il pioppo, il responsabile era un solo fungo corticale, per la moria degli aceri ricci è stato individuato un complesso di diversi patogeni responsabili.

Ricerche approfondite sui danni da scor- tecciamento a Gams, da battitura del cervo nobile nei boschi dell'Aletsch e da morsicatura sull'abete bianco nelle foreste disetanee di Neuchatel, mostrano una tendenza negativa dei danni. I progetti selvicolturali e quelli inerenti i boschi protettivi, che possono esser realizzati solo con l'impiego di mezzi tecnici atti a prevenire i danni da selvaggina, verran- no in futuro finanziati dalla Confederazione solo se all'interno del perimetro saranno pre- senti zone con condizioni ecologiche impor- tanti per la selvaggina.

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2 Andamento meteorologico del 1996

Dopo le notevoli precipitazioni dell'ultimo terzo del mese di dicembre del 1995, in gennaio una corrente sud-sud est permanente ha causato, in vaste parti del nord delle Alpi, grossi deficit di precipitazioni: in alcune zone si è trattato del mese di gennaio più asciutto del secolo. Al contrario, a sud delle Alpi, si sono avute precipitazioni continue con quan- titativi multipli rispetto a quelli normalmente registrati. Fatta eccezione per alcune zone della Svizzera orientale e delle Prealpi centrali ed occidentali, nel resto del paese, compreso il sud delle Alpi, nel mese di febbraio si sono registrate precipitazioni inferiori alla norma.

Ad alte quote, le temperature medie mensili di gennaio si situavano di 4-5 gradi al di sopra delle medie pluriennali. A basse quote, al di sotto della nebbia, erano invece di soli 0,5-2 gradi superiori alla norma. Il mese di febbraio si è invece rivelato di 2 gradi più freddo del solito a causa del frequente influsso delle correnti d'origine polare.

Il mese di gennaio, specialmente ai piedi del Giura e nelle zone circostanti dell'Altipiano, è stato molto poco soleggiato, con un totale d'ir- raggiamento solare pari solo al 10-20% di quello usuale.

La ·prima metà del mese di marzo, è stata in- fluenzata da condizioni di leggera alta pres- sione ed è risultata decisamente troppo fredda:

il giorno 12 le temperature sono scese, a basse quote, fino a 13 gradi sotto zero. Dopo la metà del mese si è avuto un sensibile riscaldamento, al quale ha però fatto seguito una corrente d'aria polare umida che, nell'ultima settimana del mese, ha fatto scendere la temperatura sotto i valori normalmente riscontrabili in questo periodo. Nella maggior parte delle re- gioni del Paese, la temperatura media mensile è stata inferiore alle medie pluriennali.

Anche il mese di marzo si è rivelato troppo secco: l'Altipiano, il.Giura e le Prealpi occiden- tali hanno registrato quantitativi di pioggia pari al 20 fino al 70% dei valori normali, men- tre a sud delle Alpi si è raggiunto appena il 10- 20 % del quantitativo normale.

Il clima secco di febbraio e di marzo, le basse temperature ed il forte irraggiamento solare della prima metà del mese di marzo, hanno creato le premesse per l'apparizione di danni dovuti ad aridità fisiologica da gelo, che in vaste zone dell'Altipiano e del Giura hanno potuto esser osservati sulle Douglasie.

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Dalla metà di aprile, la temperatura ha co- minciato a salire costantemente, regalando, nell'ultimo terzo del mese a vaste regioni della Svizzera tedesca, il primo giorno con tempera- tura estiva (25°C e oltre). La temperatura me- dia mensile è stata, in molte zone, di 1,5 fino a 2°C superiore alla media. Anche il mese di aprile è stato più secco del solito in tutto il Paese: al nord delle Alpi è quindi stato il quarto, a sud il terzo mese successivo con un chiaro deficit di precipitazioni. Se, rispetto agli altri anni, lo sviluppo della vegetazione alla fine del mese di marzo era in ritardo di 1 fino a 3 settimane, alla fine del mese d'aprile essa aveva ormai raggiunto lo sviluppo normale.

A causa del lungo periodo di siccità, si è accen- tuato notevolmente il pericolo d'incendio di boschi. Specialmente nella seconda metà del mese d'aprile in tutte le grosse regioni della Svizzera sono stati segnalati numerosi incendi boschivi.

Il periodo secco si è interrotto in maggio. L'ul- timo mese di primavera è stato caratterizzato da condizioni di bassa pressione con tempo variabile·, e rapidi sbalzi di temperatura. Le precipitazioni, frequenti ed a volte pure inten- se, hanno apportato una quantità d'acqua pari al 100-200% dei normali quantitativi, mentre nelle Alpi centrali hanno superato il 200%. Le temperature medie si trovavano nella media pluriennale.

Il tempo soleggiato ha portato ad un sensibile aumento della temperatura a fine maggio ed ha fatto da prologo ad un periodo caldo con condizioni climatiche estive che si è protratto fino alla metà di giugno: sul piano di Maga- dino, nel Canton Ticino, la temperatura ha superato, durante tutta una settimana, i 30 gradi centigrg.di, mentre al nord delle Alpi ha oltrepassato i 25°C e nei giorni 6 e 7 ha raggiunto i 30°C.

Una corrente causata dalla "bise" che ha raggiunto il nord delle Alpi alla metà di giugno e l'intrusione di una forte corrente d'aria fredda hanno causato, all'inizio dell'ul- timo terzo del mese, l'interruzione di questo periodo di giornate estive ed hanno fatto sì che le temperature scendessero al di sotto dei valo- ri abituali.

Le condizioni meteorologiche dei mesi di luglio ed agosto erano variabili: a periodi di tempo soleggiato e caldo, se ne sono alternati altri freschi ed umidi. Le temperature medie mensili di entrambi i mesi si situavano nella norma. Le precipitazioni variavano da regione a regione, a dipendenza dall'attività tempora-

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lesca; nella mag

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ior parte delle regioni, m luglio ed agosto sono state però registrate precipitazioni superiori alla media.

Diverse intrusioni d'aria fredda hanno portato periodicamente, da giugno fino ad agosto, ad un sensibile abbassamento del limite delle nevicate: dal 20 al 23 giugno fino a 1500 metri di quota, il 7 e 8 luglio fino a 1800 m s.m. ed il 28 e 29 agosto, ad est, fino a 1500 metri di quota.

L'intrusione di una corrente d'aria fredda negli ultimi giorni del mese d'agosto, ha condotto alla fine del periodo estivo ed ha prodotto in tutto il paese un mese di settembre più freddo del solito. L'apporto di aria marittima Iredda ed umida, l'intrusione di una corrente d'aria fredda poco prima della metà del mese con nevicate fino a 1200 m s.m. e condizioni me- teorologiche condizionate dalla bassa pressio- ne nella seconda metà del mese, hanno fatto sì che le temperature si situassero quasi costan- temente al di sotto della media stagionale: le temperature medie sono quindi risultate da 1,5 fino a 2,5 gradi inferiori al normale mentre, a quote più alte, il deficit calorico ha raggiunto i 3,5°C. Per alcune stazioni di misurazione si è trattato del settembre più freddo dal 1931.

Nonostante il maltempo, nella gran parte del paese il clima è rimasto troppo asciutto.

Nel primo terzo del mese di ottobre e nell'ul- timo terzo del mese di novembre, si sono avute condizioni meteorologiche troppo fredde per la stagione. A causa del clima mite che li ha alternati, entrambi i mesi hanno re- gistrato una temperatura media leggermente superiore alla norma. Il mese di ottobrè ha portato, in gran parte del paese, un quantita- tivo di precipitazioni sensibilmente superiore alla media, mentre in novembre queste condi- zioni si sono ripetute in tutta la Svizzera. Dopo la metà di novembre, si è avuto un abbassa- mento della temperatura che ha portato nuo- vamente, date le considerevoli precipitazioni, a nevicate troppo abbondanti ad alte quote. In vaste parti delle Alpi, nelle zone al di sopra dei 1500 metri, la coltre nevosa misurava già 90 - 120 cm d'altezza.

Il mese di dicembre inizialmente è stato spesso condizionato da situazioni d'alta pressione ed è risultato troppo mite fino a Natale, quando si è registrato un afflusso d'aria fredda d'origine artica verso le Alpi; temperature basse, da tempo non più rilevate in questa stagione, e ripetute nevicate, hanno portato ad una fine d'anno con condizioni tipicamente invernali.

(Fonte: SMA 1996)

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3 Selvaggina

3.1 Osservazioni e rilevamenti trami- te campionamento

Gams (SG)

Da circa un trentennio, a Gams, si osservano regolarmente danni da scortecciamento causati dal cervo nobile; negli scorsi tre anni, questi danni hanno assunto nuovamente un'estensio- ne rilevante. La popolazione di cervi nobili nel distretto di Werdenberg contava, nel 1995, 176 capi per 20'500 ettari. Già nel 1958, si stimava una presenza di cervi _dell'ordine di 202 unità e, da allora, il-numero di capi si è mantenuto in quest'ordine di grandezza. I danni da scor- tecciamento si verificano allorché le rinnova- zioni forestali più grosse raggiungono una dimensione tale da risultare attrattive per i cervi: per questo motivo, attualmente, vengo- no danneggiati i giovani soprassuoli di lati- foglie che si sono rinnovati naturalmente nelle superfici abbattute dalle tempeste nel 1986.

Allora, una tempesta di vento proveniente da ovest, aveva distrutto i boschi su una superfi- cie di 35 ettari. Dal punto di vista fitosociolo- gico, una grossa parte della superficie boschiva interessata apparteneva ai frassineti golenali (Bacheschenwald in ted.); su questa stazione forestale, il frassino potrebbe poten~ialmente produrre legname di ottima qualità. E anche la specie arborea più rappresentata nei giovani

Fig. 1. Popolamento di frassini scortecciato nei boschi di Gams.

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popolamenti che, però, dall'inverno 1993/

1994, vengono annualmente scortecciati nel tardo inverno su di una superficie che varia da 2 fino a 3 ettari.

Le conseguenze sono soprattutto economiche (ODERMATT e HRIB 1996). Le ferite causate dallo scortecciamento vengono nella maggior parte dei casi rimarginate, ad eccezione delle più grandi. Fino ad ora non si è osservata formazione di marciume sui frassini in questa zona.

L'habitat del cervo nobile, così come si pre- senta oggi nella regione del Werdenberg, non può più venire considerato naturale: sotto molti punti di vista è interrotto o si trova frammisto a costruzioni o attività antropiche. I grossi spostamenti, tipici del cervo, sono im- pediti dalla presenza dell'autostrada e, quindi, la sua presenza nei boschi di Gams è diventata permanente: di conseguenza, popolamenti di cervo che non danneggiano l'ambiente se lo occupano solo per un limitato periodo di tempo possono diventare intollerabili se di- ventano stanziali per decenni.

Bosco dell'Aletsch e Goms (VS)

Il bosco dell'Aletsch, nell'alto Vallese, è un luogo di stazionamento estivo per il cervo; la popolazione di questo ungulato è stimata attorno alle 60-70 unità, ciò che corrisponde, per un bosco di 245 ettari, ad una densità di cervi pari a 26 capi per 100 ettari!

Una ricerca sui danni dovuti agli ungulati sel- vatici eseguita nel 1983 (UFAFP, SCHON- BÀCHLER 1996), ha mostrato che nei boschi dell'Aletsch si verifica permanentemente una situazione nella quale i giovani c~mbri che muoiono a causa del cervo sono più di quanti riescano a sopravvivere. Questi risultati con- fermano i dati di una precedente ricerca eseguita nel 1987 (ALBRECHT 1990). Il cembro e il larice sono le più importanti specie arboree delle laricicembrete. In questa zona, al cembro occorrono 75 anni prima di raggiungere un'altezza di 3 m. Le ricerche del 1987 avevano mostrato che, nei boschi dell'Aletsch per ogni ettaro, morivano ogni anno, a seguito dei danni da battitura causati dal cervo, 1,67 cembri. Ciò equivale, sull'arco di 75 anni, ad una perdita di 125 alberi per ettaro. L'inven- tario dei giovani soprassuoli eseguito nel 1987 segnalava però anche che, nella zona, erano presenti solo 113 cembri all'ettaro appartenenti alle classi d'altezza a rischio.

L'appello ad una riduzione del numero di capi a seguito di queste osservazioni non trovò allora alcuna eco.

e

o

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Nella ricerca successiva, eseguita nel 1994, della quale ora possediamo i risultati, è stato considerato il novelleto già a partire dai 10 cm d'altezza; il danno da battitura nel 1994 si situava, come quello del 1987 attorno al 2%

delle piante totali. La quantità di cembri viventi sui quali non era riscontrabile alcun danno da battitura era però nel frattempo scesa dall' 83 al 75%.

Schonbachler ritiene che, per la rinnovazione, siano necessari 388 cembri per ettaro nelle classi da 10 a 300 cm; nel 1995 ne sono p~rò

state contate soltanto 255. Questa cifra, più alta di quella registrata nel 1987, è dovuta al fatto che, in questo caso, sono state considerate anche le classi d'altezza da 10 a 49 cm, ricche di individui. La percentuale di piante dan- neggiate è però rimasta ugualmente alta ed è ancora valida l'osservazione secondo la quale le piante che muoiono a causa dei danni dovuti al cervo sono più di quante riescano a sopravvivere. Questo numero, già oggi troppo contenuto, è destinato, nelle condizioni attuali, a diminuire ulteriormente in futuro.

Per poter valutare se la perdita di piantine, indipendentemente dalla causa, debba esser considerata dannosa o meno per il bosco, è essenziale sapere quante di piante sono necessarie affinché la rinno-

~azione del bosco sia costantemente garantita. Per questo occorre conoscere per prima cosa, la per- centuale di superficie boschiva necessaria alle diverse classi d'età e, secondariamente, il numero di alberi occorrenti a ciascuna superfice.

La porzione di superfice boschiva destinata ad una determinata classe d'età, deve esser rapportata alla superficie totale del bosco proporzionalmente alle aspettative temporali di vita della specie arborea per la quale si esegue questo calcolo.

Considerando il cembro, ci si aspetta che questa specie possa vivere 1000 anni; la durata della fase di rinnovazione è di 75 anni e, pertanto, la superficie che dovrà occupare la rinnovazione dovrà rappre- sentare il 7,5% della superficie boschiva, vale a dire 750 m2 per ettaro.

Il numero di piante necessarie in questi 750 m2 si può calcolare in generale approssimativamente, applicando la regola generale "altezza delle piante in metri ::: superficie occupata in metri quadrati"

(FISCHER in EAFV 1988, pag.188); da ciò potremmo dedurre che sono necessarie 250 piante di 3 metri d'altezza. Questo numero rappresenterebbe però un modello evolutivo secondo il quale, nella fase di ringiovanimento, sarebbero presenti esclusivamente alberi di 3 metri d'altezza e di 75 anni d'età e nel quale sarebbe esclusa la presenza di alberelli più giovani. In natura, però, la rinnovazione avviene a ondate che riflettono il ritmo delle annate di pasciona. Se suddividiamo, ad esempio, il periodo di rinnovazione in 5 fasi di·l5 anni l'una, allora ciascuna fase concernerà una superficie di 150 m 2. Se consideriamo una crescita modello, regolare e costante di 4 cm/anno, per la prima fase (alberi fino ad un'altezza di 60cm) saranno necessarie al minimo 250 pianticelle per ettaro, per la seconda (120 cm) 125, e per le seguenti rispettivamente 83, 62 e 50 piante. Nel complesso, saranno necessarie 570 piante per ettaro appartenenti alle classi d'altezza da O a 3 metri. Visto che la mescolanza naturale del cembro nei boschi dell'Aletsch prevede una presenza pari a ca. il 70%, il numero di pianticelle (classi d'altezza 0-3m) necessario sarà di ca. 400 per ettaro.

Quando il bosco dell'Aletsch fu messo sotto tutela, uno degli obiettivi era di dargli la pos- sibilità di evolvere indisturbato verso l'asso- ciazione vegetale di climax larici-cembreta (UFAFP, SCHONBÀCHLER 1996); questo obiettivo rischia oggi però di esser messo in forse dai danni causati dagli ungulati selvatici.

Dopo che, un'inchiesta vallesana del 1994 con- dotta dai forestali di sezione, segnalava che il 65% di tutti i danni dovuti alla selvaggina e classificati nella categoria "intollerabili" erano localizzati nei distretti di Goms ed a est di Raron (DIENSTSTELLE FÙR W ALD UND LANDSCHAFT, in SCHWEIZERJÀGER 12/1996, pagg. 32-35), nella pianificazione venatoria si sono prese le debite contromisure. Il cervo nobile, responsabile dei danni nel bosco dell'Aletsch e nell'area sottostante il Goms, durante il periodo della caccia si spostava in prevalenza nella parte superiore del Goms,

dove nella stagione venatoria 1996 sono state levate due bandite di caccia.

Fig. 2. Cervo nobile.

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Canton Neuchatel

I risultati statistici inerenti la caccia del 1995 (UFAFP 1996 a) segnalano, per il canton Neuchatel, un quantitativo di capi di selvaggi- na pari a 1705 caprioli e 606 camosci.

Per chiarire gli influssi che questi ungulati sel- vatici possono avere sulla rinnovazione del bosco, da giugno ad agosto 1993, è stata rile- vata l'intensità dei danni da selvaggina su tutta la superficie forestale del Cantone. L'intensità del danno si calcola rapportando percentual- mente la quantità di piante che hanno subito l'asportazione della gemma terminale nell'ul- timo anno, rispetto al numero totale di piante inventariate (classi d'altezza da 10 a 130 cm).

Per far questo, su una superficie forestale complessiva di 21 '700 ettari sono state rilevate 434 aree campione di 10 m2 (UFAFP, SCHNEI- DER 1996).

Nel canton Neuchatel, la foresta giardinata rappresenta la -forma di governo selvicolturale attuale o prefissata per il 57% della superficie forestale; l'abete bianco è quindi una specie arborea indispensabile a questa forma di gestione. Visto che l'abete bianco è una specie molto appetita dalla selvaggina ed inoltre sop- porta molto male il danno da morsicatura, la tollerabilità dei danni al bosco da parte degli ungulati selvatici deve basarsi soprattutto sul danno subito da questa specie arborea. L'in- tensità del danno sull'abete bianco, nel periodo tra la primavera 1992 e la primavera 1993, era del 19,5%: la soglia limite del 9% (secondo EIBERLE e NIGG 1987) era quindi largamente superata.

Le soglie limite, che EIBERLE e NIGG (1987) hanno determinato per le regioni di montagna, partono dal presupposto che, almeno in de- terminate zone, la perdita di piante dovuta a morsicatura non può essere tollerata. Se ven- gono applicati questi valori limite per l'inter- pretazione dell'intensità dei danni, allora deve esser credibile il fatto che, effettivamente, per una gran parte dell'area inventariata non siano tollerabili danni da selvaggina; per questo motivo, nella ricerca effettuata nel canton Neuchatel, è stato rilevato anche il numero di piante. Il 44% delle aree campione che si trovavano in vecchi popolamenti forestali pronti alla rinnovazione, facevano registrare un numero di piante insufficiente, mentre ciò si verificava per il 27% dei popolamenti dise- tanei.

La distribuzione spaziale delle specie arboree e del grado d'intensità del danno era molto variabile.

Alcuni dati che sembravano in correlazione tra loro si sono dimostrati poco significativi; la cosa che sorprende maggiormente è il fatto che, nelle bandite di caccia e nelle aree dove le

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stime effettuate rilevavano un forte numero di capi di selvagghla, non si siano ottenute inten- sità di morsicatura significativamente più alte che altrove. Per contro, nelle seguenti zone, l'intensità dei danni è più rilevante:

- tra 800 e 1000 metri di quota - con abbondante strato erbaceo - con popolamenti disetanei - lungo il limite del bosco

- nello stadio di sviluppo di novelleto o spessina

Si sono avute pure significative differenze tra i singoli sei distretti inventariati.

Fig. 3. La crescita dell'abete bianco è spesso il valore dì riferimento per determinare se la dinamica bosco-selva~gina è intatta. Danno da morsicatura (in primo piano) e danni da battitura (in secondo piano) su abete bianco.

3.2 Norme di diritto

Nel settembre 1996, la Direzione federale delle foreste ha emanato le direttive inerenti la circolare numero 21 (UFAFP 1996 b). La circolare 21 concerne l'applicazione della legge federale sulle foreste per quanto attiene la prevenzione dei danni dovuti alla selvaggina (Lfo Art. 27 e Ofo Art. 31).

Con le nuove direttive, ci si attende che, in futuro, nei progetti forestali e nei progetti inerenti la protezione dai pericoli naturali, i conflitti bosco-selvaggina possano venire risol- ti con una regolazione mirata di quest'ultima.

Anche se la pianificazione venatoria soddisfa

e

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le richieste minime della circolare 21 ed il numero di capi permane nel complesso basso, in alcune zone possono avvenire raggruppa- menti massicci (ad esempio nelle zone di stazionamento invernale, nelle bandite di cac- cia o nelle piantagioni situate ad alte quote, ecc.). In questi casi, si parla di zone con condi- zioni ecologiche importanti per la selvaggina e occorrerebbe presentare un concetto di pre- venzione dei danni da selvaggina, che illustri le strategie per la soluzione della situazione conflittuale; ciò dovrebbe tener conto delle esi- genze di pianificazione aziendale, di concetto

di sviluppo del bosco e di pianificazione fores- talt! cantonale.

I concetti di prevenzione dei danni causati da selvaggina possono esser sostenuti da aiuti finanziari federali; nel caso delle misure pre- ventive classiche, però, questi aiuti vengono concessi solo in singoli casi motivati ed unica- mente nelle categorie di progetti di "selvicol- tura C" o di "protezione da pericoli naturali".

Le misure selvicolturali atte a creare delle zone di pastura alternative per la selvaggina posso- no esser sussidiate in tutti i tipi di progetti tramite indennità.

Considerato che gli ungulati utilizzano un'area abbastanza ampia, mentre i danni al bosco sono perlopiù localizzati, ogni valutazione inerente la selvaggina va effettuata su due piani: su di un piano regionale relativo all'areale di distribuzione degli ungulati, e su di uno locale, relativo al bosco.

L'areale di distribuzione della selvaggina è il primo piano: si tratta di un area unitaria dal profilo eco- logico, pianificatorio, di gestione e di controllo che riguarda una determinata specie. L'areale di distri- buzione della selvaggina ha un'estensione che può variare da 2'000 ettari (capriolo, zona di stazionamento invernale del cervo) a 20'000 ettari (areale di distribuzione annuale del cervo nobile).

Gli interventi atti a regolare il numero di capi di selvaggina o mirati a migliorare le condizioni del loro habitat interessano l'intero areale della selvaggina. Per valutare l'integrità del rapporto bosco- sel- vaggina, l'areale di distribuzione va considerato complessivamente.

L'intensità del danno, a tal fine, risulta essere l'unita di misura adatta.

L'intensità del danno rappresenta la quantità di piante il cui apice è stato asportato durante un anno, rapportata percentualmente al numero totale di soggetti presi in considerazione. Con l'aumento dell'intensità media del danno all'interno dell'areale di distribuzione della selvaggina, aumenta pure la superficie dove l'attività di pasturazione della selvaggina, da evento non dannoso si trasforma in dannoso. Se la media delle intensità dei danni supera i valori di riferimento, non è però certo che di riflesso, in quell'areale, vi siano zone dove l'attività di pasturazione degli ungulati provochi effettivi danni al bosco; occorre quindi poter dimostrare, mediante verifiche a livello locale, l'effettiva entità del danneggiamento.

Il secondo piano è rappresentato dalla superficie boschiva danneggiata. All'interno del suo areale, la selvaggina si distribuisce in modo molto irregolare e, di conseguenza, anche la ripartizione dei danni è eterogenea. Si aggiunga a questo il fatto che non tutti i boschi sono soggetti a danni. L'attività di pasturazione della selvaggina può allora esser considerata dannosa dove:

- è necessaria la rinnovazione del bosco

- è necessario che crescano specie arboree che sopportano male il danno da morsicatura - il numero delle giovani piante è basso

- le condizioni di crescita sono difficili, tanto che il danno da morsicatura porta velocemente alla morte la piantina che ne viene colpita.

La gravità del danno, inoltre, può esser considerata più o meno grave a dipendenza dalla funzione del bosco.

È necessaria un'analisi:

- delle funzioni del bosco

- del numero di piante necessario - delle condizioni stazionali

- delle conseguenze del danno da morsicatura (morte di piante, mescolanza, perdita di qualità) - dell'influsso di altri fattori sulla rinnovazione

L'intensità del danno, su questo piano, ha un carattere secondario.

Sul piano locale va chiarito se vi siano effettivamente dei danni al bosèo.

L'alterazione del rapporto bosco-selvaggina non è però desumibile dalla semplice rilevazione di un danno locale. A questo scopo, sono necessarie le verifiche a livello regionale sopra indicate, che, qualora non fornissero un adeguato riscontro, condurrebbero a tollerare il danno rilevato localmente.

(9)

I concetti di prevenzione dei danni da sel- vaggina devono tener conto sia delle necessità del bosco sia di quelle degli ungulati selvatici.

L'areale di distribuzione della selvaggina non corrisponde però al comprensorio boschivo, quindi, controlli, valutazioni e rilevamento hanno, nei due casi, superfici di riferimento diverse. Le spiegazioni contenute nella circo- lare 21 distinguono tra areale principale ("Hauptgebiet"), relativo alla distribuzione della selvaggina e "zone con condizioni ecolo- giche importanti per la selvaggina", relativo invece a quelle zone boschive che vengono danneggiate dalla selvaggina.

4 Piccoli mammiferi

Nel corso del 1996, in Svizzera, non sono stati registrati danni di grande entità dovuti a piccoli mammiferi. Localmente, nei giovani soprassuoli sono però apparsi diversi roditori.

Nella primavera 1996, i danni segnalati ri- guardanti lo scoiattolo (Sciurus vulgaris) sono stati leggermente più frequenti del solito; è stato il caso, ad esempio, della pianura della Linth nei cantoni San Gallo, Svitto e Glarona:

nella maggioranza dei casi sono stati colpiti faggi o latifoglie nobili nello stadio di sviluppo di perticaia, i cui fusti sono stati scortecciati all'altezza della chioma. La maggioranza dei danni, però, andavano fatti risalire al 1995 nonostante siano stati notati durante i lavori di cura effettuati durante l'inverno. Nei rim- boschimenti del Moesano (Misox), gli scoiat- toli, come negli scorsi anni, hanno causato danni di cercinatura sui larici. Nel 1996 non si sono avute le segnalazioni inerenti i ghiri (Glis

sp.) dell'anno precedente. Anche le segnala- zioni dei danni, perlopiù sotterranei, imputa- bili all'arvicola terrestre (Arvicola terrestris), nel 1996 sono state molto contenute.

Per contro, sono stati osservati nuov.amente danni causati dall'arvicola agreste (Microtus agrestis) nella regione ormai nota per questo tipo di danni nel nord-ovest della Svizzera.

Nel cantone di Basilea campagna e nelle re- gioni limitrofe, il fusto di giovani latifoglie è stato probabilmente rosicchiato al piede, ciò che ha causato perdite indesiderate. Danni simili e altri, imputabili all'arvicola rossastra (Clethrionomys glareolus), sono stati riscontrati anche nell'Altipiano centrale, nei cantoni Bema, Soletta e Argovia.

-8-

5 Insetti

5.1 Bostrico tipografo

Situazione dei danni 1996

Nel 1996, i danni dovuti a lps typographus sono diminuiti in molte regioni della Svizzera; a questo risultato hanno contribuito special- mente i cantoni dell'Altipiano, nei quali, la situazione che nel 1995 si era fatta precaria, si è rasserenata. Anche nelle grosse aree delle Alpi e delle Prealpi, colpite dall'uragano Vivian nel 1990, le utilizzazioni forzate sono diminuite nuovamente, rimanendo comunque troppo alte nella Svizzera centrale ed orientale.

Contrariamente alla tendenza nazionale, so- prattutto a sud delle Alpi, si è osservato un aumento dei danni dovuti agli ipidi. Sono state colpite duramente le regioni della Leventina, della valle di Blenio, del Moesano e della val Calanca, come pure la parte centrale dei Gri- gioni e le Prealpi bemesi e friburghesi dove è stato pure segnalato un aumento dei danni.

Anche nel Giura vi sono state regioni nelle quali, rispetto al 1995, si è verificato un incre- mento dei danni dovuti al bostrico tipografo e, così come nel canton Neuchatel, va segnalato un aumento delle utilizzazioni forzate.

Fig. 4. Danno successivo da bostrico tipografo in una zona colpita da danni da tempesta e non esboscata.

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(10)

A distanza di sei anni dall'uragano Vivian, il nesso tra danni da bostrico e da bufera è anco- ra evidente: circa la metà degli abeti rossi danneggiati, proveniva dalle regioni a suo tempo colpite da questo evento catastrofico.

Non si può ancora parlare di un crollo della calamità dovuta al bostrico, in quanto nel 1996 la situazione venutasi a creare era simile a quel!~ che per esempio si ara avuta al culmine dell'ultima gradazione che si è verificata tra il 1983 ed il 1984. Solo nei popolamenti meno duramente colpiti dall'uragano e dove i focolai di bostrico sono stati allontanati perlopiù tem- pestivamente, la situazione si è tranquillizzata.

Andamento dei danni nel 1996

A causa del tempo umido del maggio 1996, il tipografo è sfarfallato, soprattutto ad alte quote, più tardi rispetto agli anni precedenti.

Lo sfarfallamento principale dei coleotteri svernanti, si è avuto, in queste regioni, solo a fine maggio ed in giugno, periodo caldo e soleggiato e pertanto favorevole per l'insedia- mento in nuovi alberi ospiti. L'estate è però stata umida e fresca, ciò che ha impedito lo sviluppo delle nuove covate, infatti, sopra i 1200 rn s.m., si è osservata, di regola, la forma- zione di una sola generazione di coleotteri. A causa del tardivo attacco primaverile e del rallentato sviluppo estivo, le chiome degli abeti rossi danneggiati hanno mantenuto la colorazione verde fino in inverno e ciò che ha reso molto difficile la loro individuazione.

A quote più basse, i coleotteri svernanti sono sfarfallati già in aprile e, in parte in queste zone, è n~ta una seconda generazione. Spesso le covate erano fortemente parassitate e non sono state in grado, durante l'estate fresca ed umida, di svilupparsi completamente.

I danni, quest'anno, si sono distribuiti in molti luoghi a mosaico: nella maggior parte dei casi, si trattava di piccoli focolai con meno di una dozzina di abeti rossi colpiti, situati sia al mar- gine di focolai già esistenti, sia all'interno di popolamenti di abete rosso rimasti finora in- tatti. Nel 1996, solo in alcuni casi sono stati segnalati focolai di grossa estensione.

In parecchi fusti, la densità dei parassiti era molto alta, cosicché le larve si facevano con- correnza vicendevolmente e non hanno potuto svilupparsi completamente; ciò indica una diminuzione dei potenziali alberi ospite ed ha causato un aumento del potere attrattivo delle trappole munite d'esca ormonale (cfr. più avanti). Questa teoria trova conferma nelle osservazioni eseguite nel 1996, secondo le quali sempre più abeti rossi sono riusciti a re- spingere l'attacco del bostrico con la loro resina.

Risultati dell'inchiesta sul bostrico

Nel 1995, le utilizzazioni forzate in Svizzera, a causa dei gravi danni da bostrico registrati sull'Altipiano, erano leggermente aumentate:

sono stati abbattuti 335'000 m3 di legname d'abete rosso colpito dal tipografo, di cui 241'000m3 prima dell'estate, mentre i 94'000 m3 restanti nel corso dell'inverno successivo.

Nel 1996, la tendenza alla diminuzione dei danni registrata a partire dall'anno record 1993 persiste: ci si attende un quantitativo di utiliz- zazioni forzate pari a ca. 250'000 m3, circa la metà del record del 1993. A metà estate 1996 erano già stati esboscati 191'000 m3 di legname d'infortunio e, secondo le nostre stime, nel corso dell'inverno dovrebbero esser stati ab- battuti ancora 60'000 m3.

Ma non siamo ancora giunti alla fine della calamità: lo dimostra un confronto con gli anni 1947-1948, passati alla storia come "annate da bostrico", quando vennero abbattuti 150'000 rn3 di legnarne d'abete rosso a causa degli ipidi.

Anche il numero di nuovi focolai è in diminu- zione, sebbene nel 1996 siano pur sempre stati registrati 3'444 focolai con più di 10 abeti rossi danneggiati. Non sono più stati segnalati grossi focolai con più di 100 m3 di legname d'abete rosso danneggiato, per contro sono stati osservati numerosi nuovi piccoli focolai, che, nel caso presentassero meno di 10 alberi colpiti, non sono nemmeno stati rilevati nell'inchiesta.

Nel 1996, in Svizzera, sono state installate, per combattere il tipografo, 10'800 trappole munite d'esca ormonale, qualche centinaio in più rispetto all'anno precedente, e con queste sono stati catturati 102 milioni di tipografi, ciò che ci porta ad una quota di cattura per trappola pari a 9400 coleotteri. Questo nuovo record va attribuito a più fattori concomitanti e non è di facile interpretazione: da un lato, molti abeti rossi sembrano essersi ripresi dai danni dovuti all'uragano del 1990 e dallo stress da siccità degli anni scorsi, cosicché le trappole hanno visto aumentare la propria concorrenzialità rispetto alle piante in piedi e sono quindi risul- tate maggiormente attrattive, d'altra parte, anche l'esperienza degli operatori incaricati di installare le trappole è aumentata. Inoltre ven- gono sempre più usate trappole disposte a stella tripuntata, le quali, nell'inClhiesta, ven- gono rilevate come trappola singola.

L'evoluzione di utilizzazioni forzate, focolai e quote di cattura a livello svizzero a partire dal 1984 è rappresentata nell'illustrazione numero 5. Sono state elaborate anche valutazioni a livello cantonale e di circondario forestale, che possono esser richieste alle autorità forestali cantonali oppure allo SFOI.

(11)

1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996

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Legname d'infortunio caduto al taglio in m.3:

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Fig. 6. Utilizzazioni forzate a seguito dell'attacco da tipografo, aprile - settembre 1996, per sezione forestale.

Lotta contro gli ipidi:

Il riconoscimento degli abeti rossi infestati ed il loro tempestivo abbattimento e scortecciamento resta ancora la più importante ed efficace misura di lotta contro l'attacco del bostrico tipografo.

Se si decide di lottare contro l'attacco degli ipidi, occorre allora agire per tempo, precedendo lo sfar- fallamento dei giovani coleotteri. All'interno di una porzione di territori.P di pochi chilometri quadrati, dovrebbero possibilmente venire risanati per tempo tutti i focolai raggiungibili. Altre indicazioni inerenti le misure di lotta sono state riportate nel bollettino SFOI 1995 (MEIER et al. 1996).

Prognosi

A meno di eventi catastrofici dovuti a tem- peste o fattori climatici estremi, nel 1997 gli attacchi dovuti a ipidi dovrebbero ulterior- mente diminuire, ma non si potrà ancora par- lare di termine della gradazione; specialmente nelle regioni di montagna, dove nel 1996 si sono avu'ti ancora o nuovamente grossi danni da ipidi, la situazione dovrebbe rimanere criti- ca e ci terrà occupati ancora a lungo termine.

Considerando il sottoutilizzo, la conseguente diminuzione della provvigione e delle classi d'età nei boschi di montagna, è plausibile attendersi, in particolare nei rimboschimenti risalenti al XIX. secolo, collassi sempre più fre- quenti di interi soprassuoli; in queste peccete il bostrico avrà un ruolo importante nel processo di morte delle piante.

Fig. 7. Abeti rossi già danneggiati dal bostrico co~

chioma ancora verde: un quaaro frequente nell'autunno 1996.

(13)

5.2 Altre specie di coleotteri corticali

Nel 1995, in particolare dopo i danni da tem- pesta nell'Ajoie, il coleottero Pityokteines cur- videns ha condotto alla morte numerosi abeti bianchi nel canton Giura, ma anche lungo la parte sud della catena del Giura, nei cantoni di Vaud, Neuchatel e Bema. Nel 1996, nelle stesse regioni, sono stati osservati ulteriori danni, anche se in misura minore rispetto all'anno precedente, quando dovettero esser abbattute diverse decine di migliaia di m 3 di legname d'abete bianco.

Sono per èontro aum~ntati i danni da Pityok- teines curvidens nella regione di Thun- Schwarzenburg, mentre nel resto della Svizze- ra questa specie ha potuto esser osservata solo sporadicamente.

Nel 1996, a livello regionale, i danni dovuti a Pityogeues chalcographus sono nuovamente aumentati: sè ne è verificata una massiccia comparsa nella parte vodese del Giura, nelle zone situate nella parte inferiore sud del Giura stesso, nella regione di Bienne come pure nel canton Turgovia. L'aumento di detto coleot- tero, può essere in parte dovuto ad un indebo- limento degli abeti rossi, imputabile ai danni da gelo tardivo del maggio 1995 e, nelle zone ad est della Svizzera, all'estate asciutta del 1995. I danni sono risultati particolarmente appariscenti a Milllheim (TG), dove la gran parte degli abeti rossi ornamentali piantati ben al di sotto del bosco è stata attaccata. Molti focolai scoperti nel 1996, vanno fatti risalire ad un attacco tardivo avvenuto già nel 1995,

-12-

quando il Pityogenes chalcographus aveva sver- nato in diversi stadi di sviluppo su cimali e rami degli abeti rossi attaccati.

Nelle altre regioni svizzere, specialmente nelle peccete della Alpi, il Pityogenes chalcographus si' è rivelato dannoso solo in singoli casi.

La tabella allegata descrive i dati inerenti la comparsa di altri insetti corticali.

5.3

Xylosandrus germanus

Dopo la prima segnalazione nella regione di Basilea, nel 1984, lo Xylosandrus gennanus si è stabilito in vaste zone della Svizzera, favorito nella sua espansione da estati calde e asciutte come pure dal trasporto del legname. Nel 1986-1987 ed a partire dal 1995, si sono avute pullulazioni che hanno portato a conseguenze economiche tangibili.

Nel 1996, l'areale di distribuzione di questa specie si è ulteriormente allargato, special- mente nel Giura, lungo il lago di Neuchatel, nel canton Soletta e con l'apparire di nuovi focolai in Ticino. Le uniche zone non ancora toccate, risultavano essere il bacino del lago di Ginevra, la parte inferiore del Vallese ed i cantoni Glarona e Grigioni. La distribuzione dello Xylosandrus germmrns è rappresentata nell'illustrazione numero 8.

Lo Xylosandnis germanus ha avuto conseguenze

~annose fino ad una quota di 1200 m s.m., mentre al di sopra il clima sembra esser troppo rigido perché possa verificarsi un attacco massiccio.

Diffusione nell'anno:

■ 1984

1111 1986

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11111 1987

1m 1991

Eìl 1995

□ 1996

Fig. 8. Diffusione dello Xylosandrus germa1111s in Svizzera dal 1984.

(14)

e

-13-

Lo Xylosandrus germanus è un coleottero originario dell'Asia dell'est, che si riproduce nel legno e danneggia una vasta gamma di latifoglie e conifere, specialmente alberi a terra, con o senza corteccia;

di un color nero lucente, misurano da 2 fino a 2,5 mm, appartengono alla categoria a sciamatura tar- diva, e fanno la loro apparizione spesso solo in maggio e giugno. Solo le femmine sono in grado di vo- lare. Nel legno infestato, il riconoscimento del danno è possibile grazie alla presenza di caratteristici

"vermicelli" di polvere di legno pressata lunghi, fino a diversi centimetri, che vengono pressati fuori dai fori d'entrata.

Considerata la sua limitata penetrazione nell'alburno rispetto ad esempio al Trypodendron lineatum, i danni cau~ati sono potenzialmente circoscritti. Alcune questioni riguardanti la protezione del legname non sono ancora state chiarite: ad esempio, il motivo per cui le sostanze contenute nei prodotti ammessi in Svizzera per la protezione del legname in bosco, non abbiano che un effetto ridotto su questo coleottero. I test eseguiti dall'EMP A a San Gallo nel 1996, hanno mostrato che tutti i prodotti ammessi per legge hanno un'azione insufficiente, incluso il prodotto Endosulfan, il cui uso nel bosco, nel frattempo, non è più ammesso.

5.4 Tortrice grigia del larice

Nel 1996, per la prima volta dagli anni ottanta, è stato osservato un appariscente attacco dovuto alla tortrice grigia del larice (Zei- raphera diniana). Nella Val D'Hérens, nel canton Vallese, in due popolamenti di larice, le chiome mostravano una trasparenza evidente.

In questa zona, nel 1997, bisognerà attendersi un'erosione completa degli aghi simile a quella osservata nel 1996 nelle Alpi francesi. Proba- bilmente in Vallese verranno colpiti anche altri lariceti.

In alta Engadina, zona di diffusione classica di questo parassita, la densità delle popolazioni nel 1996 era ancora molto bassa e non sono state osservate evidenti erosioni di aghi.

Dall'inizio del secolo, la tortrice si è ripresen- tata regolarmente con pullulazioni ogni 7-10 anni, l'ultima delle quali, attesa per la fine degli anni '80, probabilmente per questioni climatiche, non è avvenuta. Nel 1997, in Enga- dina, potrebbero comparire i primi danni loca- li, mentre l'aumento in massa delle popola- zioni dovrebbe verificarsi solo nel 1998 o 1999.

Fig. 9. Larve della tortrice grigia del larice in avanzamento.

5.5

Erannis defoliaria

Dopo le defogliazioni dovute a Erannis defolia- ria e ad altre larve di lepidotteri in alcuni po- polamenti dei latifoglie in Ticino, nel Moesano e nella Svizzera occidentale nel 1995, le segna- lazioni nel 1996 sono ulteriormente aumentate.

Nella maggior parte dei casi, conseguente-

mente ai danni, la trasparenza delle chiome risulta più evidente; a Muttenz, vicino a Basi- 1,!:!a si è giunti all'erosione completa della massa fogliare. I danni si verificano maggior- mente nelle zone miti, ai piedi della parte sud della catena giurassiana, lungo il tracciato dei fiumi Aar e Reno come pure nel Sottoceneri.

Le larve osservate più frequentemente erano

(15)

quelle dell' Erannis defoliaria; c'erano però altre larve di lepidotteri coresponsabili, come ad esempio quelle di Operophtera brumata, Tor- trix viridana, Conistra vaccinii o Cosmia trapezina.

I danni sono stati subiti da querce, carpini

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bianchi e frassini, le cui foglie che si sviluppa- no tardi sono state mangiate man mano che crescevano. A giugno le piante avevano già emesso nuovi germogli e non era già più pos- sibile osservare alcuna chioma rada.

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Fig. 10. Querce defogliate totalmente da Erannis defoliaria nell'Hardwald a Muttenz.

5.6 Thaumetopoea processionea

Da un paio d'anni, nelle regioni con clima favorevole alla coltivazione viticola, si ris- contra sempre più tangibilmente l'apparizione della Thaumetopoea processiouea. Le querce che ne vengono colpite non subiscono alcun danno, per contro i peli urticanti dei bruchi causano forti infiammazioni alla pelle di uomini ed animali.

Nel 1996 sono state registrate principalmente segnalazioni dal Vallese e dalla regione del lago di Ginevra. La situazione si è presentata problematica in un quartiere di Sion, dove parecchie persone sono entrate in contatto con i poco amabili peli urticanti dei bruchi, così come nei cantoni Berna e Argovia dove, durante le operazioni di raccolta del legname di quercia, alcuni selvicoltori hanno riportato infiammazioni cutanee, dovute molto proba- bilmente alla suddetta Thaumetopoea processio- nea o all'Euproctis chrysorrhoea. Anche dall'Ajoie è stato annunciato un arrivo di Thaumetopoea processionea, ciò che non sor- prende, visto che nella regione francese confi- nante, da 2 anni, si registra la sua presenza.

Per i motivi attuali è stato elaborato un pannel- lo informativo inerente la Thaumetopoea proces- sionea. Può esser richiesto allo SFOI.

Fig. 11. I bruchi della Tliaumetopea processionea con i loro peli urticanti. (Foto Entomologia WSL)

o

(16)

e

6. Malattie batteriche

6.1 Tizzone

Il patogeno responsabile del tizzone o "colpo di fuoco batterico", il batterio Erwinia amylo- vora, dal 1989 causa in Svizzera la morte di piante da frutta e di alcuni arbusti. Anche nel 1996, nel nord-est e nella Svizzera centrale si sono avuti singoli focolai, mentre nei boschi, la malattia, che colpisce gli alberi appartenenti alle specie Sorbus e Crataegus, non è ancora stata osservata. Il timore che possa diffondersi tramite queste specie spontanee, senza che vi sia mezzo di arrestarla, per ora non ha potuto trovar conferme. Le piante da frutta colpite dalla malattia, come pure gli arbusti dei giar- dini, vengono sempre ancora distrutti conse- guentemente. Questa strategia di eliminazione, che ha già dato risultati positivi, viene man- tenuta. Nelle regioni colpite i servizi forestali verranno coinvolti e tenuti in allerta per quanto concerne mansioni di sorveglianza e di lotta.

-15-

6.2 Cancro del frassino

Nel settore forestale, al momento, il cancro del frassino (Pseudomonas syringae subsp. savasta- noi pv. fraxini) è la sola malattia d'origine bat- terica che assuma una certa importanza a carattere regionale. La malat~a, che nel 1996 è stata annunciata dal canton Turgovia, è rico- noscibile dalle protuberanze cancerose ed ha quale conseguenza una diminuzione econo- mica del valore del fusto.

7. Malattie d'origine fungina e danni dovuti a cause complesse

7.1 Arrossamenti degli aghi su gio- vani doug'lasie

In primavera, in tutto l'altipiano svizzero sono stati osservati arrossamenti degli aghi su dou- glasie messe a dimora senza copertura. Alcune di queste piante indebolite ma ancora in grado di sopravvivere al danno, sono poi state attac- cate da Pityogenes chalcograplws, da Pityoplzt/10- rus pityographus o dal chiodino (Am1illaria sp.) ed in seguito sono morte. Le più vecchie piante erano in età da perticaia. Nelle stesse stazioni si potevano trovare popolamenti della stessa età di abete rosso, larice o faggio sani.

Praticamente tutte le douglasie danneggiate sono state attaccate dal patogeno Phaeo- cryptoptts gaeumannii. La mancanza parziale o totale di alcune annate di aghi indica la pre- cedente e poco dannosa presenza del fungo.

Facciamo risalire i danni agli aghi all'eccezio- nale siccità della metà dell'inverno 1995-1996 e al forte irraggiamento solare primaverile. La douglasia è una delle poche conifere che, in

presenza di un irraggiamento sufficiente, anche in periodi molto freddi, apre i propri stomi. In caso questo sia forte, l'acqua evapora attraverso gli stomi ed in caso di terreno secco o gelato non può esser sufficientemente rim- piazzata. Si ha quindi un danno dovuto alla siccità, che provoca un'alterazione cromatica dell'ago partendo dalla punta e interessandone man mano tutta la superficie. Sono minacciate soprattutto le giovani douglasie: gli alberi vecchi, grazie al loro apparato radicale ben svi- luppato e profondo, sono più resistenti. Ciò è confermato dal fatto che le douglasie che si presentavano al margine o sotto copertura, a differenza di quelle che si trovavano allo sco- perto, non presentavano alterazioni croma- tiche degli aghi. È però molto probabile, che gli aghi infestati dai funghi presentino una resistenza inferiore al gelo, come nel caso dell'oidio del melo, a causa del quale, le gemme infestate sono sottoposte ad un aumentato rischio di gelo.

(17)

-16-

O Osservazioni 1996 Distribuzione della douglasia:

Campionamenti IFN con douglasla

Fig. 12. Arrossamenti degli aghi su giovani douglasie nel 1996.

(I dati inerenti la distribuzione della douglasia sono stati gentilmente messi a disposizione dall'Inventario Forestale Nazionale Svizzero, IFN)

7.2 Carie del cuore

La carie del cuore provoca, particolarmente nelle peccete, le maggiori perdite di valore del legname, ed è causala principalmente dal fungo Heterobasidion annosimi. Da anni, la malattia si presenta in misura costante in tutto l'areale di distribuzione dell'abete rosso ed è s.tata segnalata dall'85% dei circondari foresta- li. Dalla Scandinavia ci giungono i primi suc- cessi nella lotta biologica contro la carie del cuore: grazie al trattamento del ceppo con un fungo antagonista (Phlebiopsis gigantea), l'infe- zione da Heterobasidion annosum dei ceppi rimasti dopo le operazioni d'abbattimento dovrebbe venir impedita, e così anche la dif- fusione della carie tramite le radici e le sovrapposizioni radicali con i vicini abeti rossi sani. Anche in Svizzera, al momento, sono in corso esperimenti con questo interessante metodo di lotta.

7.3 Dothichiza populea

In primavera, in molti luoghi della Svizzera orientale, su pioppi della varietà Populus nigra

"italica", è stata osservata un'appariscente mo- ria di rami, la cui causa andava ricercata in una necrosi corticale scatenata dal fungo Dothi- çhiza populea, che minaccia il pioppo nero ed i suoi ibridi. Il segno tipico della malattia è rap- presentato dalla necrosi a forma ellittica su

Fig. 13. La necrosi corticale del pioppo ha provocato un'appariscente moria di rami sui pioppi neri.

(18)

fusto e rami; sulla corteccia morta, il fungo produce dei corpi fruttiferi neri, che dopo la fuoriuscita delle spore si presentano come affossamenti visibili ad occhio nudo. La com- parsa della malattia è favorita da un'insuffi- ciente presenza d'acqua nella corteccia, in quanto la capacità di repulsione del tessuto corticale diminuisce proporzionalmente alla sua umidità. Anche in questo caso, il periodo invernale secco dovrebbe aver favorito la malattia.

7.4 Moria degli aceri ricci

Da 30 circondari forestali, è stato osservata una moria a gruppi di aceri ricci messi a dimora per piantagione, con un'età variabile da 10 a 25 anni. La malattia è comparsa frequentemente nel nordest della Svizzera e meno spesso nella Svizzera occidentale e, nel complesso, ha col- pito una superficie di svariati ettari. La morte degli alberi ha inizio dal cimale, la corteccia è

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occupata su tutta la superficie dai funghi Nec- tria coccinea e Pezicula acericicola. Infine, gli aceri ormai indeboliti, vengono spesso attacca- ti da Xylosandrtts germanus come pure, in parte in modo spiccato, dal chiodino (Armillaria sp.). Occasionalmente, la corteccia danneggiata ha reagito emettendo un flusso mucillaginoso.

La moria degli aceri ricci avviene sporadica- mente da ca. 30 anni, ma le cause precise che portano alla comparsa del fenomeno restano ancora sconosciute. Normalmente si collega l'apparizione della malattia ad eventi climatici estremi. Anche noi supponiamo che, a causa dei massicci deficit dì precipitazioni verificatisi in inverno ed in primavera, le perdite d'acqua a livello della corteccia abbiano ridotto la ca- pacità repulsiva di detto tessuto permettendo lo sviluppo delle micosi corticali. Le aggres- sioni finali da parte d~i patogeni secondari sopraccitati non hanno che accelerato la morte degli aceri.

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O Osservaziorù 1996 Distribuzione dell'acero riccio:

Campionamenti IFN con acero riccio

Fig. 14. Moria dell'acero riccio nel 1996.

(I dati inerenti la distribuzione dell'acero riccio sono stati gentilmente messi a disposizione dall'Inventario Forestale Nazionale Svizzero, IFN)

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Fig. 15. La morte dell'acero riccio inizia dal cimale.

Per reazione, alcuni alberi formano dei rami epicormici alla base del fusto.

7.5

Moria di aceri di monte

La moria di aceri di monte si è avuta local- mente nei cantoni Argovia, Giura, Soletta, Zugo e Zurigo. Come per la moria degli aceri ricci, gli aceri di monte malati presentavano segni nella zona della chioma come pure for- mazione di rami epicormici nella zona del fusto. Occasionalmente, sono state riscontrate anche chiazze mucillaginose sul fusto, le quali indicano una disfunzione del regime idrico interno dell'albero. Sulla corteccia è stato tro- vato spesso il fungo corticale Nectria coccinea, che, quale parassita, può attaccare e portare alla morte anche la corteccia di altre specie di latifoglie. Considerato che il flusso della linfa nell'acero viene attivato molto presto durante l'anno, il forte irraggiamento solare avutosi in primavera potrebbe aver causato nel tessuto corticale, già attivato delle perdite dovute a traspirazione e non compensate a causa del suolo secco, uno stress idrico che li ha resi meno resistenti ad attacchi di funghi corticali normalmente inoffensivi. La moria di aceri ricci e di aceri di monte non va considerata una malattia infettiva, ma dovrebbe esser attribuita ad una reazione ad eventi climatici sfavorevoli.

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Fig. 16. Moria dell'acero riccio. La corteccia morta del cimale è infestata dal fungo Cylindrocarpon candidum (forma dei conidi Nectria _coccinea). Le masse bianche dei conidi fuoriescono dalle fessure della corteccia. Nella rimanente parte di fusto sana avviene la formazione di rami ep1cormici.

7.6 Grafiosi dell'olmo

La grafiosi dell'olmo (Ceratocystis ulmi) è stata segnalata anche nel 1996 da più di 140 circon- dari forestali e permane agli alti livelli degli anni precedenti. Osserviamo che la grafiosi, trasmessa dagli scolitidi, si sta diffondendo ulteriormente e sta penetrando più profonda- mente nelle valli delle Alpi e delle Prealpi. Il risultato di uno studio effettuato dallo SFOI mostra che, nelle valli in cui i danni sono assenti, le popolazioni di scolitidi presenti non sono ancora state contaminate dal fungo mor- tale e, per questo, in queste regioni gli olmi sono sani (FORSTER e ENGESSER 1996). Nel caso le condizioni topografiche ed i mezzi finanziari lo permettessero, premesse poco fa- vorevoli alle zone di montagna, l'asportazione degli olmi sul fronte della malattia potrebbe preservare quelli ancora sani dalla contamina- zione.

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