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Gabriele Paleotti: Ähnlichkeit als Kategorie der Moral (1582)

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Gabriele Paleotti: Ähnlichkeit als Kategorie der Moral (1582)

Cap. XIX. Delle imagini cavate dal naturaleehe si chiamano ritratti

Sono molto differenti lestatue publiche de’prencipi dalle imagini ehe perparticolari persone soglionoformarsi cavate dal naturale, communemente chiamate ritratti',ecome diquellea lungo abbiamo parlato, cosi ora di queste,chefrequentemente si veggono usate da moltie in varii luoghi, intendiamodi trattare. Se dunque sia domandato se sono lodevolisimili ritratti, ono, diciamoehe possono occorrerein cio varie considerazioni:

l ’una equando alcunofa ritrarrese stesso; l altra e quando fa ritrarre un altro;laterza equanto allapersona del pittore chefa il ritratto. Se parliamo dei ritratti proprii, cioedi quelle personeehe procurano essereritrattedal naturale e si compiacciono di teuere la loro imagine in casa o in altro luogo, si risponde ehe, o parliamo quanto al ritratto in se, erispettoalla specie esteriore eh ’ei dimostra, overoquantoalfine ehe sipuö avere in esso. Nel primo cciso non potiamo se non dire ehe,se beneil ritratto perse, come imagine, none cosane buona ne mala, maindifferente, potendosi applicare a buono e mal uso, nientedimeno, perche talicoseehe chiamiamo indifferente redottepoi acasi particolari della deliberazione ragionevole dell ’uomo, nonstannopiü nella larghezzadell indiffe- renza, ma si ristringono necessariamente e ricevono circostanzc di persona, di luogo, di tempo e altre simili,segue ancora eheda queste particolaritä eile, lasciando quellaprima loronaturacommune,cominciano a pigliare nuovo gradodi cosa lodevole o biasmevole.

Tra raltrecirvonstanze una necade, im queste imagini di ehe ora parliamo, molto principale, ehe e della persona; percioche, essendo l origine delle imagini stata princi- palmenteinstituita per onorare altri e conservamedegnamemoria (comepiu volte si e discorso), seguita ch ’ogni volta ehe vediamol imagine d alcuno ritratta, insiemeci si appresenta non so ehe di onore e di riputazione, ehe per mezzo di quella imagine gli e attribuita;poiche, come scrive S. Crisostomo: »nemo fugientis aut bellum detrectantis imaginem pinxit«. Perciö, si come quandouno lodasestesso, allora sifa riputare per sciocco e vano, dovendo la vera laude nondallapropria,ma dall altrui boccauscire, cosi, quandovediamo chuno ha fatto ritrarre sestesso,pare ehe in conseguenza venghia dare untacitogiudicio di se medesmo, di essere persona onorata,virtuosa o bella, il ehe non gliaccresce, ma gli sminuisceil credito, parendo sciochezza ridicola eheuno presuma tanto di se stesso, ehe si riputi degno, per servigio del mondo, di Starein prospettiva degli altriper essereveduto et ammirato. [...]

[...],quantunque le altre cose,figurate nell’essere suo, se bene sonopiene di orrore, perddelettanogli occhi nostriper la imitazione delvero, nientedimeno il vedere noi stessi nella imagine propria deformi cicontrista; del ehe essempio n abbiamodiquel greco, ehenon volse maiessere ritratto, ne concolori ne col scarpello, perche era brutto. Dal ehe comprendiamo eheil procacciarsi il ritrattoproprio ha naturalmentesecocongionto

Originalveröffentlichung in: Preimesberger, Rudolf ; Baader, Hannah ; Suthor, Nicola (Hrsgg.):

Porträt, Berlin 1999, S. 297-306

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certo desiderio di propria eccellenza,ch ’arguisce non poca debolezzadi mente,la quäle tanto piü apparisce considerandosi ehe queltale non ha potuto stare meno di due o tre ore oziosamente in lasciarsi rimirare dal pittore,per fare ritrarre quella figura di corpo, ehe inpoco spazio di tempo s’hadarisolvereinpolvere per lamorte.

Maperche tutte queste cose abbiamo noi sinora discorse secondolaspecieesteriore del ritratto, passeremo adessoall’altm membro, ehee di considerarloquanto al fine ehe inessosi pub avere; perche, tratutte lecirconstanze essendo quella del fine la ragion formale,e causa principale ehedailvero peso alle azzioniumane,non potiamo negare

ch'alcuni ritrattipotranno essereprocurati dagliautori istessi con cosiretta intenzione, ehenonsolononseranno degni di riprensione,ma piü tosto di lodee merito. E di qui e ehemolte persone ancorsante, ehe poco di sotto si diranno, s ’hannolasciatiritrarre: e nelle etä de' nostrimaggiori e nostre ancora non mancano essempi assai di persone segnalate per grado et eccellenza di virtü, c’hanno fatto il medesimo, e si pub giudicare ehe piamente si siano mossi, eda spirito buono e puro, confonne alle azzioni loro. Nien- tedimeno,perche questo fine e occulto aisensinostri,ecosi puö dirizzarsi a cattiva come a buona parte,ujficio nostro edi ricordare ehe, peresserelanaturanostra molto lubrica etarrendevolealla ostentazione, pub ciascuno, in questi desiderii diessereritratto, ra- gionevolmente sospettare di essereaccecatodall’amoreproprio, sicome anticamente favoleggiomo i poeti di Narciso,ehe,invaghito vanamente della suafaccia, estinse la propriavita col troppoamore di se stesso; ondescrive Ovidio: [...]

Cap. XX.Dei ritratti d’altri

Nella materiaproposta dei ritratti alienipossono occorrerevarie cose da consider- arsi. Imperbehe sono alcune sorti de ritratti, ehe si avriano da fitggire per laqualitä loro nociva al publico, come di eretici,idolatri, persecutori della fede santa, tiranni empii et abominevolie simili altrimostri. Alcuni, per essere di persone divita ignominiosa et odiosaallebuoneleggi, se bene hanno titolodicristiano,come meretrici, lenoni, ciurma- tori, bagatteglieri, istrioni, mercenarii, buffoni, crapuloni, oaltiehe fosser tenuto per infami. Alcuni non per essere di natura suaviziosi, ma per qualche circonstanza ehe se gli aggiongesse,facendoli ritrarre per ischemo,o con abiti et insegneridicole, oin altra maniera disdicevole. Alcuniperessere lascivi et alieni dalla onestä cristiano,et incitativi alla libidine,di ehe nel Hl libro largamente si tratterä. Alcuni ancora per lo fine occulto ehein essopotesse essere, se bene la spezie del ritratto non fasse mala, come per vagheg- giarsi in eamera quella persona ehenon si pub coisuoi perversi dissegni conseguire, o altrimente servendosene a fine non buono. 1 qualiessempi et altri simili riponiamo nel numero di quei ehechiaramentedebbonoessereributtati.

Ma la difficoltä ora nasce negli altri, ehe, quantunque non siano di natura loro biasmevoli, ricevono perb varia considerazione secondola diversitd de ’soggetti et altre

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circonstanze ehe possonointervenirvi. Noi, non potendosi abbracciaretutti i casi, discor- reremoora di alcuni piüfrequenti,lasciando eil lettore lostrada in qualqueparte aperta di giudicareilresto.

Ecco,awiene spessoeheunoricerca I ’altroafare copia di se stessoelasciarsi ritrarre.

Quis’hada vederequelloeheragionevolmentesidevefare;eperchequestocasoriguarda duepersone, quello eheericercato equello ehe richiede,pero parleremodell’unoe l'altro distintamente. Quanto alprincipaleehe e richieduto,cio ha similitudinein molta partecon quello ehe nel capo precedente si ediscorso;pero rimettiamo il lettorealle cose gia dette, in quanto servono a questo proposito. Solo raccordiamo ehe soglionoavenire talora varie cause assai oneste,ehe uno,cosi ricercaro,potrebbe arrendersi di compiacere altrui: l ’una serä quando il padre,la madre, la moglie, o altre persone streite di lecita benevolenza chiedessero altruiin grazia ilsuoritratto, per potere con questo mezzo della prezenza della pittura ristorareidanni dell ’assenza di lui;altro saräquando, per occasionede liti in parte lontana, bisognasseprovare la somiglianzatra padre efigliuoli ofratelli o altri, overo quando,dovendosi prendere moglie absente,desiderasse lo sposoprima vedere la imma- gine di quellaehe gli a da essere consorte,o la sposaI immagine dello sposo, similmente se, per compiacere al publicoo aqualche personaggio grande o adaltre persone mosse da degni ecristani rispetti, si giudicasse cio convenirsi.

Quando ancora, nonperfare piacere alcuno alprencipale ne ad altri, ma solo per giovamentodel pittore, eheper suo Studio o essercitazione desiderasse figurarequesto o quell ’altro perservirsene in suoi buonipropositi, credessimo chalcuno potesse senza scrupolo contentarsi[...]■

Epoiche si chiamano ritratti dalnaturale,si dovria curare ancora ehelafaccia o altra parte del corponon fasse fattao piü bei la opiü grave o punto alterata da quella ehe la natura in quella etä gli ha conceduto, anzi, sevi fassero anco defetti, onaturale o accidentali, ehe molto la deformassero, ne questi s’avrianoda tralasciare,se non quando con l’artesipotesserorealmentedissimulare, sicomeescrittodelritrattod'Antigono,ehe da Apelle fufattoin profilo perche non aparesse ch egli era loscoemancodunocchio.

[...]

GabrielePaleotti, Discorso intomo alle immagini sacre eprofane, in:P.Barocchi (Hrsg.), Trattati D’ArteDel Cinquecento. Fra Manierismo e Controriforma, Bd. II, Bari 1961, S. 117-509, S. 332 ff.

Kap. XIX.Über die nach der Natur gerissenenBilder,dieman Porträtsnennt

Von den öffentlichen Statuen der Fürsten unterscheiden sich die Bilder, die für einzelne Personen nach der Naturentstanden, die man gemeinhinBildnisse nennt. Und so,wiewir über jene ausführlich gesprochen haben, haben wir jetzt die Absicht, vondiesen, die man häufig und von vielen anverschiedenenOrten benutzt sieht, zuhandeln. Wennalso gefragt

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wird,obsolcheBildnisselobenswert seien odernicht, so sagen wir, daß sie unter folgen­

den unterschiedlichenUmständen vorkommenkönnen: Der eineliegt dann vor, wenn jemand sich selbst malen läßt;der andere,wenn er einenanderenporträtierenläßt;der drittebetrifft denMaler, der dasPorträt malt.Wenn wir über dieeigenen Bildnisse spre­ chen, d. h. überBildnisse vonjenenPersonen, die dafür sorgen, daß sie porträtiert werden, und denen es gefällt, ihr Bildnis zuhause oder an einem anderem Ortaufzubewahren, so wird man antworten, daß man entweder über das Bild selbst und die äußere Gestalt sprechenkann oderüber die Ziele, diesichdamitverfolgen lassen.Im ersten Fall können wir nichtsanderes sagen, als daß das Porträtfür sich, als Bild, weder eine gutenoch eine schlechteSache ist,sondern indifferent, indem essowohl denguten alsauch den schlech­ tenGebrauch ermöglicht.Dasolche Dinge,diewir indiffemt nennen, dann, wenn sie zu einzelnenFällen eines vernunftgemäßenmenschlichenEntschlusses geworden sind,nicht länger inder Unbestimmtheitder Indifferenzverbleiben, sondern sichnotwendigerweise verengen und Gegebenheiten von Ort, Zeit, Person und ähnlichem hinzukommen, sofolgt daraus auch, das diese Besonderheiten, auch wenn siejene ersteNaturunberührtlassen, ihnen nichtsdestoweniger einen neuenRang als lobenswerte oder als verwerfliche Sache verleihen.

Bei den Bildern, über die wirjetzt reden, fälltunter dieseGegebenheiten einesehr bedeutende,nähmlichjene derPerson. Diesdeshalb, weil die Bilderihren Ursprung in der Hauptsachedarinhaben, andere zu ehrenund ihnen ein würdigesGedächtniszu bewahren (wie dies vielfach ausgeführt wurde). Darausfolgt,daß jedesmal,wenn wir das Bildnis eines anderen sehen, sich uns ein unbestimmtes GefühlderEhre undAnerkennungein­

stellt, das demjenigen durchdasBild zugeschriebenwird, denn, wie St. Chrisostomos schreibt:»Noch niemalsmalte jemand das Bild einesFlüchtenden oder von einem, der es ablehnt,zu kämpfen.«

So, wieman jemanden für verückt und eitelhält, wenn er sichselbst lobt, da daswahre Lobnicht aus dem eigenen Mund,sondern ausdem einesanderen erklingen muß; so scheintes auch, als gäbe uns jemand schweigend ein Urteil über sich selbst,er sei eine tugendhafte, geehrte und schöne Person, wenn wirsehen, daßjemand sich selbst hat porträtieren lassen, wodurch seinAnsehen nicht vermehrt, sondern vermindert wird, denn eserscheint als eine lächerliche Verrücktheit, wennjemand sichselbstso viel anmaßt, daß er sichfür würdig hält, sich zum Gefallen der Welt denBlicken der anderenauszusetzen, umgesehen undbewundert zu werden. [...]

[...], obgleichandere Dingeselbstdann, wenn sievollerSchrecken sind, dennoch unsere Augen wegenderNachahmung des Wahren erfreuen, wenn sie inihrer Erschei­

nung abgebildet werden, machtes uns nichtsdestoweniger traurig, uns selbst im eigenen Bildungestalt zu sehen. Das belegt das Beispiel jenesGriechen,der wedermit Farben noch mitdem Meißelporträtiert werden wollte, weiler häßlich war. Daraus können wir

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ersehen, daß esnatürlicherweise miteinem gewissen Verlangen nach eigener Vollkom­ menheit verbundenist, wennman sichdaseigene Bildnis beschafft, woraus nicht wenig Schwachheit des Geistes zu folgernist, die umsomehr zum Vorschein kommt,wennman in Betrachtzieht,daß sich derjenige mindestenszweioder dreiStunden müßigvomMaler betrachten ließ,um jene Gestalt des Körpersnachzeichnen zulassen, diesichin einem kurzen Zeitraum durchdenTodinStaubauflösen wird.

Aber weil wir alle diese Dinge bisherunterdem Aspekt deräußeren Gestaltdes Bildnisses betrachtet haben,gehen wir jetzt zum nächsten Glied über und betrachten es je nach dem Ziel, das das Bildnis haben kann.Denn, daunter allenUmständen die des Zieles der formaleGrundund dieHauptursachesind,die den menschlichenTatenihr wahres Gewicht verleihen,so können wir nicht bestreiten, daßeseinige Bildnisse gebenmag, die von denUrhebern in so reiner Absicht besorgt wurden, daß sienicht nur nicht des Vor­ wurfs, sondernvielmehr des Lobes undVerdiensteswürdigsind.Vondaher rührtes, daß sich nicht wenige heiligePersonen, von denenwir später noch handeln werden, sich haben porträtieren lassen. Und in den Zeiten unsererVorfahren sowie inunsereneigenen fehlt es nicht an Beispielen von durch den Gradund die Vollkommenheit ihrer Tugenden ausgezeichnetenPersonen,die dasselbe taten. Mankann urteilen,daßsie dazu in frommer Absichtbewegt wurden undmit reinem undgutemGeist, wie esihren übrigen Handlun­ genentspricht. Da diesesZiel unserer Wahrnehmung verborgen bleibt, und sich daher sowohl der schlechten als auch derguten Seitezuwenden kann, ist es nichtsdestoweniger unsrere Aufgabe, daran zu erinnern,daß jeder in seinem Wunsch, porträtiert zu werden, vernünftigerweiseverdächtigtwerden kann, von der Liebe zum eigenen Selbst ergriffen worden zu sein,da unsere Natur sehr schwach ist und nachgiebig gegenüber derPrahlerei.

So berichtenesdieantiken Dichtervon Narziß, der, eitelbezaubert von seinemGesicht, das eigeneLeben aus zu großerSelbstliebeauslöschte, wovon Ovid erzählt. [...]

Kap. XX. Über die Bildnisse von Anderen

In der hier aufgeworfenen Materie derfremden Bildnisse kann es notwendig sein, verschiedene Dinge zubeachten. Ich lehre, daß eseinige Arten von Bildnissengibt, die derÖffentlichkeit aufGrund ihreres schädlichen Charakters entzogenwerden müssen, wiesolchevonHäretikern, Götzenanbetem,Verfolgern desheiligen Glaubens,gottlosen und abscheulichen Tyrannenund ähnlichen anderen Ungeheuern.Einige, die, auch wenn sie sich Christen nennen dürfen, Personeneinesverwerflichen, den guten Sitten verhaßten Lebens darstellen, wieVerräter, oder andere, die als unverschämtgelten müssen. Andere, nicht weil sie von Naturaus lasterhaft wären,sondern erst durch einen Umstand, der ihnen anhaftet, wenn man siezum Spottoder mit lächerlichen KleidernundInsignien oder auf andere ungehörige Weiseporträtiert. Andere, weil sie anzüglich und der christlichen Ehre entgegengesetzt sind und zu Begehrlichkeitenauffordem,wovon wirim dritten Buch

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ausführlich handeln werden. Anderewiederwegen desunbekannten Zieles, das in ihnen liegen könnte,auch wenn dieGestaltdes Bildes selbstnicht schlechtist, wie etwawenn man sich im Schlafzimmer die Person ersehnt, dieman mit seinen perversen Vorstellungen nicht verfolgen kann, oder wenn man sich ihrer in andererWeise bedient.

Die Schwierigkeit entstehtaber aus denanderen, die, wennsieauch ihrer Natur nach nicht verwerflich sind, es doch auf Grundder verschiedenen Gegebenheiten sindje nach der Unterschiedlichkeit ihrer Gegenstände und anderer Umstände,diehinzutreten können.

Da wir nicht alle Fälle umfassen können, werden wireinige der häufiger vorkommenden erörtern, und lassen dem Leser damit den Weg teilweise offen,den Rest zu beurteilen.

Eskommthäufig vor, daß jemandeinen anderen ersucht, von sich selbst eine Kopie anzufertigen und sich porträtierenzulassen. Hierhaben wir dannach zu suchen, was man vernünftigerweise zu tun hat; undweil dieser Fall zwei Personenumfaßt, nämlich denje­

nigen, der ersuchtwird, und denjenigen, der ersucht, so werden wir von demeinen wie von dem anderen gesondertsprechen.

Im Bezug aufden Entscheidenderen, d. h. denjenigen, der gefragt wurde,so hatdies in vieler HinsichtÄhnlichkeitmit dem, worüber schon im vorhergehendenAbschnitt gesprochenwurde. Daher verweisen wir den Leser auf bereits gesagte Dinge, sofernsie diesem Thema dienen.

Wir erinnern nur daran, daß bisweilen verschiedene hinreichend ehrenhafte Gründe vorliegen, sodaß einer,der so ersucht wird, nachgebenkann, dem anderen zuGefallen zu sein:etwawennder Vater, die Mutter,die Ehefrau oderandereeng verbundene Personen mit zulässigem Wohlwollen vomanderen ein Bildnis erbäten, um mit dem Mittel der Vergegenwärtigungdurch Malerei das Ungemach der Abwesenheit behebenzu können.

Ein andererGrund läge dann vor, wenn es aus Anlaß vonStreitigkeiten in entfernten Gegenden notwendigwäre, die Ähnlichkeit zwischenVaterund Kindern oder Geschwi­

stern oder anderen zu beweisen. Oder auch dann,wenn es notwendig sein sollte, eine abwesende Frau zu heiraten, und der Ehemann den Wunsch hegen sollte, zuvor das Bildnisderer zu sehen, die ihm vermähltwerdensoll, oder die Braut dasjenige des Bräu­ tigams. Ähnlich verhält es sich auch, wenn man zu dem Urteil käme, daßessichgehöre, ein Bildnis anfertigen zu lassen, um damit der Öffentlickeit oder einerhochgestellten Persönlichkeit oderanderen Personen zu gefallen, die von würdigen undchristlichen Absichten bewegt werden.

Auch denken wir, daß mansich dannohne jeden Zweifel bereiterklären dürfe,wenn man nicht dem Vorgesetzten oder anderen einen Gefallen tun möchte, sondern allein dem Nutzen des Maler dienen möchte, der zu seinem Studium und seiner Übung wünscht,diesen oder jenen darzustellen um sich damit in guten Absichtenzu bedienen.

[•••]

Da sieaber Porträtsnach der Natur genanntwerden, so hat man auch dafürzu sorgen.

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daßdasGesicht oder irgend ein anderes Körperteil nicht schöner oderwürdigergemacht oderüberhaupt verändert werde, als es die Naturdemjenigen in seinem Alterzugestanden hat, sondern vielmehrdaß esauch dann, wennangeborene oder zufälligeFehler denjeni­

gen sehr verunstalten, nichtdazu kommt, diese auszulassen, essei denn,sieließensich mittels der Kunst verheimlichen, so wie man überdas Bildnis desAntigonosgeschrieben hat,dasvon Apellesim Profil wiedergegeben wurde, damit man nicht merke, daß er triefäugigwar undihm ein Auge fehle.

Übersetzung: Autorin.

Kommentar

Derzunächst auf fünfBücher angelegte und in italienischem »volgare« abgefaßte»Dis- corso intomo alle imagini sacre e profane« desBologneser BischofsGabriele Paleotti wurde 1582nochunvollständig und in wenigen Exemplaren in Druck gegeben, um den Text einer Gruppe befreundeter Wissenschaftler zur weiterenDiskussionzugänglich zu machen.1 1594erschienin Ingolstadteineebenfalls unvollendetelateinische Fassung des Textes, die seine internationale Verbreitung ermöglichte.Der Traktat des Bischofs zielt auf eine Konkretisierung des in der Abschlußsitzung des Tridentiner Konzils verabschiedeten Dekrets über die Bilder, dassich auf allgemeine Vorschriftenzueiner katholischen Bil­ derpolitik beschränkte und dahererst langfristig zueinerNeubestimmungder visuellen Kultur des Katholizismus führenkonnte.2

In Anlehnung an die bekannten FormulierungenPapst Gregors des Großen kommt den Bildern nachPaleottials einer universellen,eindringlichen und allgemein verständli­ chenSprache, die sich an Gebildete wie an Analphabeten, »idioti«, richtet, ein entschei­ dender Beitrag zur Festigung undDurchsetzungdeskatholischenGlaubenszu. Begabt mit den Mitteln visueller Persuasion,hat sichderMaler dabei alsVerfasser einer schwei­

gendenPredigt zuverstehen, als »predicatore tacente«.

Die hier in Ausschnittenwiedergegebenen KapitelXIX-XXIIIdes zweiten Buches befassen sich mit dem Porträtals einer UntergattungdesprofanenBildes.Dieses wird in eine theologischem bzw. scholastischem Denken entnommene Kasuistik eingespannt.

Sein Wert, das heißtjedeBeurteilung, läßt sichzwar nicht an undfür sich bestimmen, sondernbemißtsich vor allem nachjeweiligem Gebrauch des Bildnisses, denn an sich ist das Porträt wedergutnochschlecht:»...il ritratto perse, come imagine, non ecosa ne buona ne mala,ma indifferente...«. Allerdings besteht gegenüber jedemBildnis der fast grundsätzliche Verdacht, es könnte aus Eigenliebe und unchristlicher Selbstbezogenheit entstanden sein, so daß dieGattung insgesamtmiteiner gewissen Skepsis behandeltwird.

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Wie in der Einleitung des»Discorso«dargelegt,lassensich Ge-und Mißbrauch, »uso ed abuso«, in aristotelisch-thomistischer Tradition nach»fine« bzw. »effetto« des jewei­ ligenBildes klassifizieren.3 Nebender grundsätzlich notwendigen »virtus« derdargestell­

ten Personbestimmen sich dieseKategorien, die sich als »Ziel« bzw. »Wirkung« überset­ zen lassen und mit der aristotelischen Zweckursache identisch sind, aus dem, was man heute alsIntentionen desausführenden Künstlers, als Wünsche und Absichten des Auf­

traggebers und als Rezeption des Betrachters bezeichnen würde. Gegründet aufeine Ethik des Schauens und desVerfertigens von Bildnissen ergibt sich zunächst jedeEinordnung und Beurteilung desPorträts nachseinenunterschiedlichen Funktionen.

Eineder Hauptaufgaben des Porträts liegt fürden Bischof in der bekannten und wenig überraschenden,aber von ihm in einer eindringlichen Formulierung benannten Möglich­

keit der Vergegenwärtigung einer abwesenden Person. Diese Fähigkeit wirdbereitsin den einleitenden PassagendesTraktates bei der ExplikationseinesBildbegriffes als spezifi­ sche Qualität von Bildernbestimmt, dadiese Zeit und Raumüberwinden können, indem sie zeitlichundräumlichentfernte Dinge repräsentieren: »... questadisciplina[del dis- segno], col mezzo della quäle potesse rappresentare davanti agli occhi diciascuno tutte le cose materiali, cosi naturalicomeartificate, nondico le presenti, ma le lontane ancora e quelle ehe gia sono passate o spente.«4An die generelleBildnisfunktion derzeitlichen wie räumlichen Vergegenwärtigung können sich die unterschiedlichsten Formen des Ge­

brauchs anschließen,die Paleotti zuerfassen undzu klassifizieren sucht, sich aberange­

sichtsderFülle der Möglichkeitenauf die Aufzählung einzelnerBeispiele beschränken muß.

Kunsthistorischinteressanter als dieseetwasangestrengte Kasuistik, dievor allem in sozialgeschichtlicher Hinsichtrelevant sein dürfte, istPaleottis Forderung nach einem radikalenRealismus, der sich bereits seinem allgemeinenBildbegriff verbindet. Fastam Endedes entsprechenden Kapitelsführt er aus: »Dasie aber Porträtsnach der Natur genanntwerden, so hat man auchdafür zu sorgen, daß das Gesicht oder irgend ein anderer Körperteilnicht schöner oder würdiger gemacht oder überhaupt verändert werde, alses die Natur demjenigenin seinem Alter zugestanden hat...« und er fährt fort: »sondern vielmehr, daß manauch dann,wennangeborene oder zufälligeFehlerdenjenigen sehr verunstalten, diese nicht ausläßt...«. Seine radikaleForderung nach Ähnlichkeitistnicht erst denmöglichen Gebrauchsweisen bzw. Funktionen des Porträts zuzuordnen, sondern bereits dessen äußererGestalt, der »specie esteriore«. In einem AbschnittüberWahrheit und Falschheit der Bilder,an den seine Ausführungen über die Wahrheit im Porträt an­ knüpfen,hatPaleotti seine Gründe für dieseästhetische, letztlich aber moralischeForde­

rung dargelegt.5Künstierische Nachahmung,»imitazione«, gibtzwar nicht die Wahrheit der Dingewieder, insofern sie nicht deren Substanz zeigt. Siezeigtaber in einer exakten Nachahmung der Form dasdemWahren Ähnliche,die »similitudine della verita«.Nur

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eine realistische, d. h.damit wahre künstlerischeDarstellungentsprichtaberdem Stand des Menschen in der Natur, jede Idealisierung würde dagegen in unerlaubter Weise auf den Zustand der Gnade verweisen.6 Aus diesenÜberlegungenergibtsich einsehreinfa­ ches, aber konsequentes und daher wirkungsvollesArgument für die unbedingte Ähnlich­

keit des Porträts.

Dem ästhetischen Aristotelismus folgend, liegtfürPaleotti in derNachahmung auch dasVergnügen anderMalereibegründet. Es kann aneinem profanenBildgegenstand wie demPorträtdoppelterNatursein: »sensuale«, indem es dasWahmehmen der gesehenen Sache selbst betrifft, und »rationale«, indem es das Vergnügen ander gelungenen Nach­ ahmung betrifft.7 Anders als in den anderen Gattungenundandersals bei den Bildnissen andererPersonenbleibt beim Blick auf das eigene Bildnis das aristotelische Vergnügen an dergutnachgeahmtenHäßlichkeit aus. Weil der Bezugauf das eigene Porträtmeist vonEitelkeitengetragen wird, muß er nahezu immerals eine Formdes Bildmißbrauches gelten, zudessen Erläuterung Paleotti aufdie ovidsche »favola« des sich selbstbespiegeln­ den Narziß zurückgreift, dieerals Warnung vor unchristlicher Selbsüiebeausdeutet.8 Alleineine veristischeDarstellung vermag daher demseinem Ansprach nach immer mit besonderer Würde verbundenen Porträtgerecht zu werden, denn nur sie zeigt den Porträ­ tiertenin jener Selbstbescheidung, die Vorausetzungfür seine Porträtwürdigkeitist.9

Ausgenommen vonden strengen Regularien einer solchen katholisch-reformierten Bildnisethik ist bezeichnenderweise allein das öffentliche Standbild des christlichen Herr­ schers. Abweichend vonanderen darf sich derFürst schon zu Lebzeitenselbst einDenk­

mal errichten, ohne deshalb den VerdachtderSelbsterhebungauf sich zu ziehen. Begrün­ den läßt sich diese Ausnahmewiederummit der politischenTheoriederfrühen Neuzeit, denn begabt mit zwei Naturen als privater wie öffentlicherPerson, beziehtsich das öffent­

liche Denkmal allein auf denFürsten in seinem Amt, meint alsogleicheiner Insigne seine

»dignitas«, nicht aberihn selbst als private Person.10

Hannah Baader

Anmerkungen

1 P. Prodi, II cardinale Gabriele Paleotti, Bd. I u. II, Roma 1959 und 1967; P. Prodi, Ricerche sulla teorica delle arti figurative nella Riforma cattolica, in: Archivo italiano per le Storia della pieta, Bd. 4,1962, S. 148-212.; H. Jedin, Das Tridentinum und die bildenden Künste, Zeitschrift für Kirchengeschichte 1963, S. 321-339; A. Boschloo, Annibale Carracci in Bologna. Visible Reality in Art afterthe Council of Trent, Bd. I u. II, The Hague 1974, S. 110-141; M. Beltrame, Le teoriche del Paleotti e il reformismo dell’Accademia di San Lucca nella Politica Artistica di Clemente VIII, 1592-1505, in: Storia dell’Arte Bd. 69 (1990), S. 201—S. 233; Ch. Hecht, Katholische Bildertheologie im Zeitalter von Gegenrefor­

mation und Barock, Berlin 1997, S. 316 ff.

(10)

2 Zum Problem zuletzt Hecht, S. 9 ff.

3 Aristoteles, Metaphysik V, 2, Nikomachische Ethik III, 2; Thomas v. Aquin, Summ. Theo. I-ü, Quest.

18.

4 Paleotti, l.Buch, IIII, S. 141.

5 »Nientedimeno, considerandosi ehe questa arte non e stata introdotta per rappresentare la sostanza delle cose, nelle quali consiste principalmente la veritä, ma solamente la similitudine della veritä, non potiamo dire ehe ella ne inganni, quando ei figura bella questa similitudine. ..., ma solamente ei ingannerä quando non rappresenterä la similitudine ehe deve«; ders., 2. Buch, XXV, S. 359; ders., 2.

Buch, XXI, S. 344.

6 Ders., 2. Buch, XX und XXV, S. 361.

7 Ders., 1. Buch, XXII, S. 216 f.

8 S. Art. Publius Ovidus Naso: Der Irrtum des Narziß (vor 8 n. Chr.).

9 Es ist bezeichend, daß Paleotti die ikonischen Qualitäten des Porträts zurückzudrängen sucht, wenn er für die Bildnisse der Heiligen den Wunsch äußert, diese mögen von den Namen der Dargestellten nennenden Tituli begleitet werden; Paleotti, 2. Buch, Kap. XXXHI, S. 411.

10 2. Buch, XVIII; s. a. Art. Andre Felibien, Porträt eines Porträts. Le Portrait du Roy (1663); vgl. E.

Kantorowicz, Die zwei Körper des Königs. Eine Studie zur politischen Theologie des Mittelalters, München 1990.

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