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Alessio Agostini

3. I livelli islamici

3.3 Islamico Recente

Le strutture esistenti in superficie, ripulite e messe completamente in luce una volta rimossi i crolli, sono pertinenti all’ultima fase di vita dell’insediamento, che chiamiamo Islamico Recente. Si tratta in generale di piccoli edifici costruiti con una tecnica assai modesta. Da un’osservazione generale si sono potuti individuare circa tre o quattro nuclei, che potremmo chiamare ‘quartieri’, attorno ai quali si addensano strutture più piccole tra loro interrelate senza che sia possibile riconoscere un impianto ordinato. Anche la separazione tra gli stessi quartieri non è sempre chiaramente percepibile. I muri si presentano di due tipi: alcuni realizzati con una tecnica mista, ma assai grossolana, con basi in pietre di piccolo taglio e irregolari, su cui s’impostano alzati in mattoni crudi, anch’essi di dimensioni piuttosto irregolari (in media questi mattoni misurano 30 × 25 × 7 cm circa), altri invece sono composti esclusivamente di mattoni crudi, talvolta irrobustiti con l’inserzione di travicelli lignei al loro interno. Queste strutture murarie si sono conservate fino a un’altezza media di

circa 1 m. I livelli di crollo, che erano composti anche da sporadici travicelli e sterpaglie, potrebbero indicare delle soffittature piuttosto leggere. All’interno dei vani sono state individuate varie aperture, tutte di dimensioni molto anguste (a volte alte solo 40 cm) e in taluni casi sigillate, il che suggerisce quindi un periodo d’uso piuttosto lungo che ha portato ad alcuni minori rimaneggiamenti interni. I depositi interni rinvenuti in alcuni di questi ambienti, misti al crollo, sono pressoché interamente costituiti da un mescolamento di paglia e terra impalpabile; in alcuni ambienti si è particolarmente concentrato uno strato di stallatico molto compatto, che aveva raggiunto un consistente spessore. La zona è dunque chiaramente occupata da modeste abitazioni con magazzini, cui si collegano stalle o piccoli ricoveri per animali, il che può spiegare anche le ridotte dimensioni di alcune aperture. La ceramica, così come in genere gli altri reperti mobili, risultano nel complesso scarsi e assai poveri.

Lo stallatico si è particolarmente concentrato in Li1, che presenta muri intonacati di fango e un piano in battuto;

all’interno di questo ambiente sono stati rinvenuti frammenti di carta scritta in caratteri arabi ed ebraici, che potremmo associare all’ultimo periodo di vita, attorno al XVIII secolo.61 Negli ambienti in direzione del Tempio A, cioè in Li2 e Li10, il riempimento era composto da uno strato cineroso dal colore grigio brillante, pure questo misto a stallatico, con corde e qualche sporadico straccio.

Lo smontaggio di alcuni muretti, che delimitavano i piccoli ambienti in quest’area orientale dello scavo, ha fatto fin da subito emergere le cime di quattro pilastri ancora integri della sala ipostila minea, la cui sezione superiore mostra ancora il tenone (ad eccezione di P4 che è stato lisciato). P1 si trova all’intersezione di Mi1 e Mi3, P2 è compreso tra Mi9 e Mi26, e lungo Mi9 si trova anche P3, mentre P4 è lungo l’allineamento di Mi27, verso sud-est. Questo ha confermato che molti dei muri in direzione nord-est/sud-ovest, specialmente Mi1, Mi9, oltre a Mi200 e Mi202, hanno continuato a seguire la griglia dei pilastri contenuti nella sala ipostila sottostante fino a questo periodo recente (fig. 63).

In Li4 si sono trovate quattro vaschette, probabilmente adibite alla conservazione di liquidi o sementi, in modo analogo a quanto riscontrato nei livelli islamici che insistevano sul Tempio A. Il muro Mi10, che delimita a sud-ovest i due vani dell’Islamico recente Li4 e Li8, è stato fornito di una piccola finestra e aveva una base in pietra di buona qualità, risalente al periodo Islamico Antico, nonostante l’alzato in mattoni fosse invece molto precario (Mi10a); questo muro si appoggiava a sua

61Come è noto, almeno fin verso il XIX secolo, a Barāqish risiedeva una comunità ebraica, come testimonia lo stesso Ḥayyīm Ḥabshūsh (1976, 95–96).

147 volta sul muro perimetrale sud-ovest del Tempio B, uno dei più conservati dell’edificio mineo, analogamente a Mi200 che si è impostato sulla stessa direttrice del muro di facciata e a Mi16 che stava sul muro posteriore del tempio.

Mi202 è uno spesso muro realizzato in tecnica mista che prosegue nell’allineamento disegnato dal propileo d’ingresso al tempio, in direzione nord-ovest/sud-est, inglobando i pilastri; questo muro è stato a sua volta foderato con mattoni crudi sulla facciata orientale, coprendo quindi gli stessi pilastri e separando due grandi ambienti, Li200 a sud-est e Li201 a nord-ovest, messi in comunicazione da una porta. Entrambi questi vani hanno presentato un pavimento in terra battuta e un buon intonaco in ṭīn: è possibile quindi che fossero un po’ il centro di questa casa. È dalla demolizione di Mi202 che è emersa la sezione fratturata della metà inferiore del pilastro Pf del propileo.

4. Conclusioni

Lo scavo del Tempio B ha permesso di chiarire alcune dinamiche che in parte erano emerse anche durante lo scavo del Tempio A, ma in modo più sfumato. Queste considerazioni sono per forza di cose limitate all’area sacra, perché è l’unica intra muros finora indagata

archeologicamente, ma si vede che sono in parte coerenti con i risultati delle indagini condotte fuori le mura,62 il che ci consente quindi di estenderle in via preliminare e ipotetica a tutto il sito. L’esistenza di condizioni diversificate nelle varie parti del sito e della città dovrà essere ovviamente confermata con il prosieguo e con l’estensione degli scavi.

Il Tempio B rientra pienamente nella tradizione architettonica del tempio ipostilo mineo, presentando molti elementi di somiglianza col contiguo Tempio A, sebbene il piano ribassato della sala e la presenza di una connessione con un livello superiore rappresentino novità significative. Il periodo di vita mineo dovrebbe coprire tutta la seconda metà del I millennio a.C. È possibile infatti situare la fondazione di questo tempio in termini assoluti nella seconda metà del V secolo a.C. e questo anche grazie al supporto delle analisi radiometriche. A questo periodo va dunque ascritto anche il sovrano Waqihʾil Riyām, figlio del re Abīyadaʿ Yathaʿ, che ha promosso l’iniziativa e che l’ha vista realizzata in una fase avanzata del suo regno, quando era in coreggenza con il figlio Awsʾil. Il re Waqihʾil Riyām andrebbe dunque collocato in una fase anteriore di circa un secolo rispetto a quanto finora ammesso,

62Fedele 2010; Fedele 2011a.

Figure 60. Islamico Medio IIb-c, planimetria generale. (Rielaborazione di L. Munduteguy da schizzo originale di A. Agostini 2019

©MAIRY)

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Figure 61. Islamico Medio IIb-c, localizzazione delle vasche in Li216, da nord-ovest. (A. Agostini 2004 ©MAIRY)

Figure 62. Islamico Medio IIb-c, particolare dell’area sul propileo e dell’entrata del tempio; quote da P2.

(Rielaborazione di L. Munduteguy da schizzo originale di A. Agostini 2019

©MAIRY)

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Figure 63. Strutture islamiche superiori che inglobano le strutture minee ancora emergenti del Tempio B, da ovest. (A. Agostini 2004 ©MAIRY)

almeno sulla base della connessione con la RES 3022 e della sua interpretazione più accreditata, che possiamo invece oggi riconsiderare alla luce di questi nostri dati archeologici ed epigrafici. Con la fine del periodo mineo, che possiamo grosso modo datare all’inizio del I secolo d.C., il tempio ha subìto una depredazione, probabilmente solo limitata alla ricerca di oggetti di pregio, senza aver provocato grave danno alle strutture. Sembra inoltre ormai chiaro come il tempio abbia vissuto una breve riutilizzazione, sempre a scopo religioso, grazie all’occupazione da parte degli Amīr, precedentemente dislocati in aree più settentrionali del Jawf, come il sito di Haram e il wādī Shuḍayf. Questo gruppo ha lasciato inequivocabili tracce scritte, sia nel Tempio A sia nel Tempio B, e ha probabilmente fatto qualche piccolo adattamento negli arredi del tempio, secondo le proprie esigenze cultuali. A questa fase post-minea che chiamiamo Intermedia, segue un periodo di abbandono, piuttosto lungo a giudicare dallo spessore di quello strato di sabbia fine che ci pare realistico associare a un deposito eolico, e concentratosi soprattutto in alcuni dei punti più esposti verso l’esterno. Si ritiene che in questo momento le strutture abbandonate abbiano cominciato a presentare segni di cedimento, con il conseguente verificarsi dei primi crolli.

La fase dell’Islamico Antico si annuncia dapprima con qualche sporadico intervento localizzato, sia nella sala ipostila, sia nella zona della scalinata d’accesso, che riteniamo possa essere stato in parte distruttivo verso alcuni depositi preesistenti. Nella fase piena dell’Islamico Antico, le strutture del Tempio B, forse già più degradate rispetto a quelle del Tempio A, cominciano a essere sempre più sistematicamente spoliate, sia attingendo al crollo, sia smontando murature ancora intatte. In alcune aree più libere, come quella tra i due templi, si impiantano strutture assai imponenti;

altre aree del tempio sono invece via via occupate da un intreccio di piccole costruzioni dalla funzione altamente specializzata, prive però di connessione con la pratica religiosa delle fasi antecedenti. La si interpreta come un’area destinata all’immagazzinamento e alla lavorazione di prodotti. Collateralmente, alcune strutture risultano adibite al ricovero degli animali. Sia gli ambienti con tale funzione, sia quelli destinati alla cottura e allo stoccaggio, subiscono un ampliamento nella fase dell’Islamico Medio. La fase dell’Islamico Recente vede infine la continuazione e l’intensificarsi della presenza animale, in associazione a nuclei abitativi di assai modesta entità.

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Tabella 1: Successione delle fasi archeologiche, cronologia e descrizione.

Fasi principali Sotto-fasi Orizzonte cronologico Descrizione

Islamico Recente I XVIII–XIX d.C. Casupole e stalle superficiali

Islamico Medio

IIa

XIV–XVII d.C. Nuclei abitativi sparsi, aree di lavorazione e stoccaggio

IIb IIc

Islamico Antico IIIa XII–XIII d.C. Grandi vani a sud – Birka IIIb XI d.C.? Prima riutilizzazione ‘leggera’

Abbandono IV III–X d.C.? Deposito eolico; crolli

Fase Intermedia Aa I–II d.C. Frequentazione post-minea (Amīr)

Mineo B V–I a.C. Piano di vita del tempio

C ante V a.C. Sondaggi interni

(a) La successione delle tre fasi A–B–C per il periodo sudarabico antico vuole agganciarsi a quella proposta da A. de Maigret per il tempio A (cfr. spec. de Maigret 1993, 17–22), aggiornandola sulla base dei dati archeologici emersi con lo scavo del Tempio B e delle relative valutazioni storiche.

Livelli di crollo e abbandono (IV) B.05.B./32: M 105

(a) Si ascrivono alla Fase Intermedia solo quegli zanābīl per i quali sia chiara una connessione con la frequentazione amirita.

Tabella 2: Zanābīl pertinenti alle fasi preislamiche.

Barāqish/Yathill (Yemen) 1986-2007 Vol 1, Archaeopress 2021: 151–171 Introduzione

Lo scavo del tempio Qabḍum, dedicato al dio ʿAthtar dhu-Qabḍ (Tempio B), ha permesso di riportare alla luce un abbondante materiale epigrafico di varia natura, ma in uno stato di conservazione molto diversificato.

La maggior parte delle iscrizioni è stata rinvenuta in deposizione secondaria: dato il lungo periodo di vita dell’edificio, molto materiale lapideo è stato infatti molto spesso riutilizzato nelle strutture erette o rimaneggiate durante le fasi islamiche. In alcuni casi, durante questa riutilizzazione è stato dato risalto alla parte iscritta a fini decorativi, altre volte invece questo aspetto è stato ignorato e le epigrafi sono state reimpiegate come semplice materiale da costruzione.

In generale, la situazione presenta alcuni elementi di continuità con quella rinvenuta negli scavi del Tempio A, ma le tipologie testuali sono diversamente concentrate tra i due edifici – un dato che può essere semplicemente dovuto alla casualità di ciò che si è conservato e che è stato poi ritrovato.1

Si presenta in questa sede parte della documentazione epigrafica rinvenuta, con particolare attenzione ai documenti che consentono di chiarire la collocazione storica del tempio e a quelli relativi all’organizzazione dello spazio cultuale. Due delle tre iscrizioni di costruzione rinvenute, una perfettamente in situ (Y.05.B.B.12) e l’altra di poco dislocata (Y.05.B.B.13), riguardano direttamente la fondazione dell’edificio avvenuta durante il regno di Waqihʾil Riyām figlio di Abīyadaʿ Yathaʿ e consentono quindi una collocazione cronologica relativa abbastanza solida, che può verosimilmente concentrarsi in termini assoluti nella seconda metà del V sec. a.C. sulla base della ricostruzione storica generale e dell’analisi radiometrica.2 Un’altra iscrizione di costruzione (Y.06.B.B.6), pur contemporanea alle precedenti, è stata rinvenuta in deposizione secondaria e non sembra aver attinenza con l’edificazione del tempio.

1La documentazione epigrafica rinvenuta durante gli scavi del Tempio A è stata in parte edita in de Maigret e Robin 1993 (spec.

pp. 458–489); una presentazione sommaria del nuovo materiale epigrafico era stata offerta anche da Gnoli in appendice alle due conferenze IsMEO (de Maigret 1991a, de Maigret 1993).

2Si veda la sintesi storica in Agostini, capitolo 3, § 1.5, in questo volume e Agostini 2020b; edizione preliminare in Agostini 2011.

Le iscrizioni dedicatorie sono in numero piuttosto ridotto e tra queste emerge senza dubbio la dedica al dio amirita Ḥalfān (Y.05.B.B.16), che ha consentito di individuare con una certa chiarezza il passaggio del gruppo degli Amīr verso la fine del periodo mineo – altrimenti evanescente sulla base della sola documentazione archeologica.3 Altre tipiche iscrizioni dedicatorie minee sono purtroppo in condizioni estremamente frammentarie e non offrono elementi di particolare rilievo alla discussione.

Benché molto brevi, significativi sono i testi che accompagnano alcuni degli arredi cultuali. Tra questi emergono in primo luogo gli arredi fissi, quindi le quattro tavole offertorie trovate ancora in posto, seppur in parte danneggiate dal crollo. Sulla base di questa loro collocazione, si è potuto notare che le tavole del settore nord-est della sala ipostila, cioè quelle individuate dai nomi Dṯʾ e Ḫrf, si trovano nella stessa posizione delle omonime tavole rinvenute nel Tempio A. La tavola Dyṯ si trova invece nel settore di sud-ovest nel Tempio B, nel primo cenacolo a destra dopo l’entrata, mentre è collocata nel cenacolo sud-est del Tempio A, nella parte della sala prospiciente le celle. In questo Tempio B abbiamo una quarta tavola, relativa a Yġl, che invece era mancante nel Tempio A e che si trova nella stessa posizione che nel Tempio A è occupata dalla tavola Dyṯ.

Ci sembra possibile ipotizzare che il numero originario delle tavole fosse quattro anche nel Tempio A e che la tavola Yġl sia stata sacrificata al momento in cui il primo cenacolo a destra era stato smantellato per creare il passaggio verso la ‘Sagrestia’. Questo cenacolo, poi dismesso, doveva contenere in origine la tavola Dyṯ se, come ci pare plausibile, la collocazione delle tavole non sia stata casuale, ma analoga a quella riscontrata nel Tempio B. Durante la risistemazione della sala ipostila del Tempio A, la tavola Dyṯ deve essere stata traslata nel cenacolo adiacente, dopo che era stata eliminata la tavola Yġl, che non è mai stata ritrovata (Agostini 2020a).

Tra gli oggetti mobili a carattere cultuale abbiamo alcuni incensieri, piccoli altarini e una stele. La presenza di questa stele (Y.05.B.B.27) all’interno di un edificio sacro, apparentemente simile a quelle in uso

3Agostini, capitolo 3, §2, in questo volume; Agostini 2018a.

Il tempio di ʿAthtar dhu-Qabḍ.

Le iscrizioni

Alessio Agostini

152 in ambito funerario, potrebbe sollevare la questione di una possibile differenziazione funzionale per questo tipo di manufatti, dunque funeraria e votiva, ma si tenga presente che questo pezzo non è stato rinvenuto in situ e quindi potrebbe essere stato trafugato da un contesto funerario già in antico; in ogni caso, per il momento, siamo impossibilitati a indagare questa possibile duplice specializzazione funzionale in assenza di un campione più significativo, dato che la maggior parte di queste stele è solitamente fuori contesto.

Le iscrizioni di natura legale costituiscono una categoria documentaria particolarmente abbondante in questo tempio e che presenta testi insolitamente lunghi e articolati. Qui presentiamo quei documenti che ci sono parsi avere più diretta attinenza con l’uso dello spazio del tempio e la sua storia. Il breve testo inciso in un riquadro su una delle facce del pilastro P1 sembra offrire indicazioni per la preparazione di oggetti cultuali in occasione di una festa religiosa (Y.05.B.B.14).

Altre due iscrizioni di ambito legale sono purtroppo frammentarie e riguardano disposizioni sulle donazioni (Y.06.B.B.10), la gestione di alcune pratiche agricole e i relativi tributi (Y.06.B.B.11 – questo testo è interessante per la menzione del re di Maʿīn, Ilyafaʿ Yafash, la cui collocazione cronologica rimane ancora assai incerta, cfr. Tabella 1).

Il resto della documentazione legale è costituito da due ampie iscrizioni ancora in situ incise sulla parete interna del muro perimetrale del tempio, nel lato sud (Y.04.B.B.6) e nel lato ovest (Y.04.B.B.5), di cui manca la parte iniziale (per la localizzazione di queste e delle altre iscrizioni in situ, cfr. fig. 1). Vari altri blocchi contengono porzioni frammentarie di testi di natura legale e sono stati ritrovati reimpiegati nelle strutture islamiche che insistevano sull’area sacra, ma si tratta anche in quel caso di pietre certamente pertinenti al muro perimetrale interno. La grafia di queste iscrizioni risulta omogenea e farebbe dunque pensare a una

coerenza scrittoria, e forse cronologica, per questa produzione di ambito legale. Lo studio preliminare su questa documentazione, condotto in collaborazione con Khaldun Nouman, ha permesso di evidenziare un lessico ricorrente, ma in larga parte poco attestato negli altri testi minei appartenenti alla stessa categoria, offrendo aspetti stilistici e problemi di natura interpretativa che richiederanno un approfondimento in altra sede. Si deve sottolineare che il Tempio A, invece, ha restituito iscrizioni di natura legale in numero assai ridotto: tra il materiale edito si ricorda la Y.92.B.A.15, che documenta l’esistenza di particolari disposizioni circa il transito degli animali nell’area sacra. I documenti legali del Tempio B sembrano invece per la maggior parte di natura prescrittiva: questo farebbe quindi intravedere una particolare specializzazione del Tempio B, probabilmente da ricondurre a determinati attributi del dio ʿAthtar dhu-Qabḍ, divinità suprema del pantheon mineo. Si potrebbe inoltre sollevare la questione se la costruzione di questo tempio sia diretta conseguenza di un nuovo consolidamento della posizione di Yathill all’interno della compagine politica del regno di Maʿīn, che raggiunse il suo apogeo proprio intorno al V secolo a.C. – come dimostra anche la straordinaria attività edilizia che interessa le mura cittadine proprio in questo periodo.

Infine, sempre durante le operazioni di scavo delle strutture islamiche che insistevano sull’area occupata anticamente dal Tempio B, ma specialmente durante la ripulitura dello spazio tra i due templi, sono emerse nuove epigrafi pertinenti al rito di espiazione, per il quale era già stata messa in luce una serie di documenti durante gli scavi del Tempio A negli anni Novanta, e rimasti da allora inediti.4 Le ultime campagne hanno permesso di integrare questa classe di documenti, che

4Un’iscrizione espiatoria dal Tempio A (Y.92.B.A.29) è stata edita in Gnoli 1996a, una seconda proveniente dalla ripulitura dello spazio tra i due templi (Y.05.B.A.1) in Agostini 2012.

Tabella 1: Sovrani attestati nei documenti epigrafici trattati nel presente capitolo 4 e nel capitolo 9.

Sovrani Nuove attestazioni da scavo Tempio B

(Capitolo 4) Nuove attestazioni dal settore delle mura - R44/45 (Capitolo 9)

Abīyadaʿ Yathaʿ

Ḥayyawum+ Y.03.B.R44-45.2bis + Y.03.B.R44-45.2ter + Y.03.B.R44-45.2

Waqihʾil Riyām Y.05.B.B.13

(1) L’identificazione di questo individuo come sovrano non è del tutto sicura (cfr. commento al testo).

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Figure 1. Localizzazione delle iscrizioni in situ della sala ipostila del Tempio B. (A. Agostini e L. Munduteguy 2019 ©MAIRY)

per la maggior parte provengono dall’area esterna al Tempio B, tutti in deposizione secondaria. Tuttavia, sembra ormai di poter affermare che la pratica espiatoria non fosse connessa in modo esclusivo col dio Nakraḥ, come finora ritenuto, ma che potesse estendersi anche al dio ʿAthtar Qabḍ, ʿAthtar dhu-Yahriq e ad altre divinità minori del pantheon mineo, seppure in maniera più contenuta (Agostini 2012).

Anche questa classe documentaria farebbe in definitiva parte dei testi di natura legale, specie in considerazione della particolare natura che questo rituale ha rivestito in seno alla società minea, come riparazione non solo di

trasgressioni riguardanti le norme di purità, ma anche e soprattutto di infrazioni avvenute in ambito civile, il che ci permette di assimilare questi testi alla redazione di atti formali in seguito a un pubblico processo.5 La Tabella 1 ha lo scopo di evidenziare le nuove attestazioni di sovrani emerse dalla documentazione

5Cfr. Agostini 2014; Agostini 2018b. Tutto il materiale che riguarda questo rito è in fase di lavorazione ai fini di un’edizione che raccoglierà i testi espiatori provenienti dal Tempio A, quelli rinvenuti nei pressi del Tempio B, oltre ad altri documenti di varia provenienza coerenti con questa tipologia testuale.

154 epigrafica qui presentata, considerando anche quella proveniente dallo scavo in prossimità delle mura (v.

capitolo 9).

Avvertenze

Contrariamente alle intenzioni, per motivi di contingenza politica, non è stato possibile effettuare un’ultima campagna di studio dedicata al completamento

Contrariamente alle intenzioni, per motivi di contingenza politica, non è stato possibile effettuare un’ultima campagna di studio dedicata al completamento